Recensione: Manifestation
Gli Infrared sono nati ad Ottawa, Canada nel 1985. Si può dire che appartengano alla seconda ondata Thrash, anche se, nella realtà, in quel loro primo periodo, che si è chiuso nel 1990, hanno pubblicato solo il demo ‘R.I.P. (Recognition in Power)’.
Dopo una pausa un po’ lunghetta, ben 28 anni, sono tornati con l’album ‘No Peace’ del 2016, poi con ‘Saviours’ del 2018 e ‘From the Black Swamp’ del 2021.
Ora è la volta di ‘Manifestation’, autoprodotto e disponibile dal 06 settembre 2024.
Dodici canzoni attraverso le quali i nostri analizzano essenzialmente quella parte oscura dell’uomo che può portare all’autodistruzione: il tormento e la rabbia interiore, il dolore che infligge la manipolazione, la tossicodipendenza, la depressione, l’emarginazione … senza tralasciare critiche sociali più generali relative all’inquinamento, all’abuso della tecnologia, all’onnipresente pericolo della guerra nucleare.
Temi che l’Heavy Metal affronta con schiettezza da prima che assumesse questo nome, da quando i Black Sabbath decisero di trasformare il loro pensiero in canzoni fosche ed inquietanti, con l’aggiunta di qualche elemento più contemporaneo, come i dubbi sull’intelligenza artificiale; ma sempre quelli sono, dimostrando quanto manchi la volontà di miglioramento in chi, per attuarlo, deve però fare qualche rinuncia personale.
Quello che suonano gli Infrared è un Thrash Metal secco e rovente, relativamente basico e tirato in faccia a secchiate, senza giri di parole.
Voce caustica, chitarre incisive ed una buona versatilità formano un attacco sonico continuo, che alterna momenti abrasivi e disturbanti (come ‘Temple of Sin’) con altri più duttili e meditabondi (come la successiva ‘Nikko’, dal nome della scimmia del ‘Mago di Oz’) … rabbia e tragedia mutate in velocità e mid-tempo a rapida sequenza.
Il tasso elettrico è molto alto e l’energia ribelle vibra tagliente dall’inizio alla fine, gli Infrared hanno raggiunto la consapevolezza della mezza età, non si fanno illusioni e ci vanno giù durissimi, senza per questo rinunciare al loro retaggio, inserendo assoli e cori qua e là, dal sano gusto retrò, e buone dosi di ritmiche punk che accentuano il loro carattere sovversivo.
Qualche volta esagerando l’entusiasmo, scatenando in certi momenti una confusione dispersiva che resta ostica, per quanto sia stemperata da suggestivi inserti, quali brevi narrazioni funeste (‘Pressure Syndrome’) o istanti onirici (‘Demon’s Blood’).
Riassumendo ‘Manifestation’ è un album onesto, suonato con buona tecnica, ma che non riesce a decollare del tutto, con un buon numero di canzoni esaltanti, ma con altrettante che non riescono a coinvolgere più di tanto.
Peccato, “la forza scorre potente” in questi quattro ragazzi che suonano assieme da una vita, tre elementi addirittura dagli inizi ed il quarto (il bassista Mike Forbes) dal loro ritorno sulle scene di dieci anni fa, dimostrando una coesione che è di pochi.
Cosa ne facciamo di questo ‘Manifestation’? Beh, ne consigliamo comunque l’ascolto nonostante i momenti non proprio positivi. Gli Infrared sono all’altezza e gli basta veramente poco per prendere il posto che meritano.
L’album è stato prodotto, mixato e masterizzato da Armin Kamal, mentre la copertina, che rappresenta il tormento in forma umana, è dell’artista Joe Lyko.