Recensione: Mare Nostrum
Ben quattro anni sono passati da The Gorgon Cult, album che aveva contribuito
in qualche modo a far entrare gli Stormlord fra i gruppi di spicco della scena
estrema nazionale. Dopo una buona dose di date a supporto dell’ultimo album (tra
le quali, quella canadese immortalata nel DVD The Battle Of Quebec City), la
band romana comincia a scrivere i brani che andranno a comporre il nuovo disco.
Fra una release per festeggiare i diciassette anni d’attività (The Legacy Of
Medusa) e un cambio d’etichetta inaspettato (l’addio alla Scarlet per
passare nel roster della Locomotive Records), vede finalmente la luce il quarto
full-length, Mare Nostrum.
Mare Nostrum sancisce il ritorno degli Stormlord alle sonorità che
contraddistinguono i lavori più datati (netta la somiglianza con le atmosfere di
At The Gates Of Utopia) senza dimenticare le evoluzioni moderne già riviste nel
precedente The Gorgon Cult. Nove sono i pezzi a disposizione, per un minutaggio
complessivo che supera di poco i tre quarti d’ora. Tutti i brani presenti riescono ad essere
coinvolgenti grazie a un songwriting molto originale, una tecnica degna di nota
e una resa sonora perfetta, complice anche una produzione moderna e curata nei minimi
particolari.
Il disco si apre subito con la potentissima title-track, caratterizzata
sopratutto dall’ottimo inserimento delle orchestrazioni dal sapore epico, seguita subito dagli inserti elettronici della più moderna
Neon
Karma e dalle melodie nettamente orientali (con tanto di linee di sitar) della
maestosa Legacy Of
The Snake. Ottimo come sempre il lavoro di David Folchitto alla batteria, il
quale si mette in bella mostra con un drumming potente e preciso che non perde
mai un colpo. Non da meno la prestazione del frontman Cristiano Borchi: degno di
nota
il suo operato dietro al microfono con un cantato in scream, aggressivo e
ispirato come non mai. Altro punto di forza di questo lavoro risiede nel
congeniale uso delle melodie: gli inserimenti delle tastiere vanno a mettersi in
netto contrasto con il riffing furioso delle chitarre senza mai risultare
essere
troppo invadente, rendendo ogni singola traccia facilmente assimilabile già dal primo ascolto.
Violenza che viene momentaneamente messa da parte quando arriva il turno di
The Castaway: brano acustico che strizza l’occhio agli Opeth di
Damnation. La corsa riprende immediatamente con la successiva
accoppiata Scorn/And The Wind Shall Scream My Name: due brani che si fondano
principalmente su quelle basi death/thrash già riviste negli ultimi lavori dei
nostrani Graveworm. Stessa formula che viene riproposta in parte nella penultima
Dimension: Hate e nella superba Stormlord, quest’ultima va a reggersi
principalmente su ritmiche più cadenzate, guidate come sempre dalle
impressionanti aperture sinfoniche ad opera delle tastiere.
In definitiva, Mare Nostrum è un lavoro maturo e decisamente interessante,
sia per i particolari innesti melodici capaci di rendere tutti i brani
facilmente orecchiabili, sia per un songwriting fresco e dinamico. Gli Stormlord
hanno sicuramente fatto tesoro delle esperienze vissute in tutti questi anni di
onorata carriera che hanno dato loro modo di maturare a livello compositivo e di
affermarsi come band di prim’ordine nel panorama estremo italiano. Questo nuovo
capitolo non è sicuramente una sorpresa del valore di questa band, ma bensì
un’effettiva conferma.
Angelo ‘KK’ D’Acunto
Tracklist:
01 Mare Nostrum
02 Neon Karma
03 Legacy Of The Snake
04 Emet
05 The Castaway
06 Scorn
07 And The Wind Shall Scream My Name
08 Dimension: Hate
09 Stormlord