Recensione: Marschmusik

Di Daniele D'Adamo - 3 Settembre 2015 - 15:37
Marschmusik
Band: Eisregen
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2015
Nazione:
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50

Un bella carriera, quella dei tedesconi Eisgeren. Riassumendo al massimo, venti anni di attività e undici full-length. Più altro materiale discografico di minore importanza e, ovviamente, una cospicua quanto felice attività live.

Con il 2015 giunge sulle tavole degli appassionati di metal estremo “Marschmusik”, undicesimo album, appunto, missato e masterizzato da Markus Stock (The Vision Bleak, Eisregen, Maroon) presso i Klangschmiede Studio E., prodotto da lui stesso assieme alla band.

Siccome è da qualche album che la formazione della Thuringia ha cominciato a dare un taglio più commerciale al proprio black metal, non c’è da stupirsi delle dichiarazioni della Massacre Records che, per “Marschmusik”, si pone l’obiettivo della top 20 chart entry teutonica.

Una dichiarazione d’intenti importante, che, tuttavia, non appena s’inizia con l’ascolto di “Marschmusik”, si ridimensiona notevolmente  giacché, almeno come primo impatto, il medesimo non sembra essere così diverso dai precedenti “Schlangensonne” (2010) e “Todestage”(2013).

Questa sensazione iniziale, purtroppo per i Nostri, si rafforza via via che si accumulano i passaggi del platter; trasformandosi rapidamente in noia prima e addirittura fastidio poi. Un malessere che ha più d’una ragione di esistere.   

Innanzitutto il cantato di M. Roth. La lingua tedesca non è forse la migliore soluzione, per un prodotto da esportare all’estero. Le roche, monotone e fortemente sincopate linee vocali non sembrano distinguersi l’una dall’altra nella folle determinazione di giungere a un refrain vincente tutte le volte. Escluso l’azzeccata “Blutkreis”, che davvero si stampa in testa grazie alla sua armonia esplosiva, il resto è desolatamente uguale a se stesso. La marzialità dell’incedere, inoltre, fa pensare spesso e volentieri al termine ‘kartoffeln’, e ciò non è certo un buon segnale. E, a proposito di marzialità, l’associazione di proclami in lingua tedesca alle tematiche di guerra non rende scevro l’ascoltatore dall’avere un po’ d’ansia… storica. 

La musica, con queste premesse, è stata ovviamente depotenziata, diventando una specie di heavy metal suonato con le ‘zanzarose’ chitarre, al contrario, tipiche del black metal. Qualche alzata di scudi, qua e là, ancora rimane, ma “Marschmusik” resta, fondamentalmente, un lavoro basato su facili mid-tempo, lineare sino allo spasmo, privo di alcuna verve che non sia la ridetta volontà di ‘far cassetta’.

Nemmeno il tastierista DF e il violinista Frau N. Feind nonché, fatto forse assai più grave, il pescare a piene mani dal folk mitteleuropeo, regalano al disco la valenza di un prodotto per tutti, intendendo in tal senso non per tutte le persone, ma per tutti i fan del metal estremo. Soprattutto non tedeschi.

Comunque sia, “Marschmusik” è il frutto di una scelta ben precisa avvenuta a tavolino e, di questo, gli Eisgeren se ne devono assumere tutte le responsabilità.

Bocciato senza possibilità di riparazioni.

Daniele D’Adamo

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