Recensione: Martyr of Wrath
Me la immagino, un giorno di tanti anni fa, la Nailboard Records salire su un aereo e iniziare a dragare l’intera Estonia per vedere quante band rimanevano impigliate nella rete a strascico. Il loro parco artisti è esploso nel giro di un paio d’anni e bisogna dire che la qualità non manca, ottimo segno per l’evoluzione di una terra finora rimasta comprensibilmente ai margini dell’Europa. In molti associano le repubbliche baltiche all’heathen black e di certo il parco gruppi di Nailboard non aiuta a sfatare il mito di un paese immerso nelle sonorità estreme, tuttavia… si intuisce che qualcosa sta cambiando.
I Must Missa nascono nel 1996 e tentano di imporsi al grande pubblico raccontando di vichinghi e leggende nordiche, di battaglie sul ghiaccio e dèi ancestrali. La cosa pare non sia riuscita a prendere piede – forse era troppo presto, o meglio… forse troppo tardi – per cui i nostri tre estoni hanno deciso di imbracciare cartuccere e polsiere borchiate e fare quello che gli veniva più naturale: trasformare il loro black paganoide in thrash da rissa in perfetto stile anni ’80.
Un cambio di rotta che più felice non poteva essere: questo Martyr of Wrath è una vera sassata sui denti, un ritorno imperioso al thrash primigenio in stile Slayer, primi Destruction e perché no, a tratti si riesce a percepire persino qualche arrangiamento proto-Metallica.
La band ci tiene a far sapere che quello suonato è un ibrido fifty-fifty di black e thrash ma sinceramente io di black ci vedo pochissimo, appena qualche riff più sporco del normale, per cui se vogliamo dirla tutta, alcuni degli arrangiamenti più grezzi possono far tornare alla mente niente meno che il Bathory di Octagon o Requiem, che per quanto bistrattato fosse, aveva certamente visto lontano in tempi non sospetti. Se hanno bisogno di un esempio fulminante di black-thrash farebbero meglio a guardare oltre il mare, tra i loro vicini finlandesi, e dare un’occhiata alla produzione degli Horna.
Ciò non toglie che siamo di fronte a un album violento e verace, con riff al fulmicotone, senza troppi artifici tecnici. La batteria pesta, e pesta duro. Le chitarre non lasciano respiro mentre una voce esageratamente Slayeresca vomita alcolici anatemi d’odio e di terrore allo stato brado. Questa è l’anima del thrash e qualunque real thrasher rimarrà piacevolmente sorpreso da un album che scarica adrenalina al cervello senza fare passi falsi.
Non è il CD che rivoluzionerà il thrash del XXI secolo, ma una iniezione di brutalità fatta di riff semplici e diretti in puro ossequio ottantiano, oscuri quanto basta senza che maestri come Celtic Frost si rivoltino nella tomba… è sempre la benvenuta.
31 minuti di headbanging di prima scelta: un’offerta difficile da rifiutare.
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Daniele “Fenrir” Balestrieri
TRACKLIST
1. Madness Reigns
2. The Scapegoat
3. You Filthy Pig
4. Holy Disease
5. Human Target
6. Pure Fuckin´ Hate
7. Overloaded Maniac
8. Our Future Is Black