Recensione: Masters And Following
I Presence tornano a deliziare le raffinate platee prog addicted con il sesto album in studio della loro carriera, il maestoso ed imponente (anche in termini di materiale audio profferto) “Masters And Following”, composto da due CD, per una messe di musica copiosa e diversificata. Tracce inedite, cover (ben tre) ed estratti live, orchestrali e non (la cui registrazione non è ottimale), per un bel ripasso della discografia della band partenopea. Otto gli anni di distanza dal precedente “Evil Rose“, anche se nel frattempo Sophya Baccini non è rimasta con le mani in mano, dando alle stampe il tributo a William Blake “Big Red Dragon” (2013).
Chi segue i Presence sa che ogni loro nuova pubblicazione rappresenta una sfida enorme per l’ascoltatore e che dopo innumerevoli ascolti quel tessuto musicale rimane in grado di celare ancora segreti, pertugi e piccole gemme che si rivelano poco a poco. Ciò che salta subito all’orecchio è la sinergia alchemica di potenza ed eleganza, forza e delicatezza, energia e sensibilità che i Presence fondono in un’unica inestricabile miscela, una pozione che ammalia chi la trangugia lasciandolo in una sorta di rapimento estatico difficile da trasmettere all’esterno, a chi non è esposto a quelle note, un incantesimo ipnotico, totalizzante e avviluppante come il canto delle sirene omeriche.
Con i Presence è sempre stato un po’ così, e “Masters And Following” non smentisce la vena dei napoletani, bilanciata con estro e personalità tra un’anima progressive e un istinto rock che non ne vuole sapere di cedere alle esclusive elucubrazioni prog, pur presenti. Prova ne siano le tre cover scelte, Audience, Judas Priest e Sparks, oltre all’aria della Traviata “Un Di’ Quando Le Veneri”, presente nel CD live (e appartenente alla scaletta di “Black Opera”, album d’ispirazione verdiana), omaggiate ed interpretate con stile – il proprio – senza limitarsi a fare il compitino (cosa del resto fisiologicamente impossibile per i Presence), sempre riconoscibili eppure generosamente stravolte.
Strumentalmente è persino superfluo soffermarsi sulla caratura dei singoli musicisti, il trio d’attacco Baccini/Iglio/Casamassima, coadiuvato da alcuni guests per l’occasione, non ha un momento di incertezza, è una macchina perfettamente oliata e inesorabile, capace di spingere in ogni direzione il proprio “sapere” esecutivo, pur indirizzandolo e focalizzandosi sempre e comunque sul risultato finale, senza farsi deviare da sterili gratificazioni autoreferenziali.
Rock (hard) e heavy sono certamente componenti che incidono sul sound dei Nostri, elementi che interessano ai Presence, pur nella loro intelligenza creativa costitutivamente forgiata nella progressione compositiva. Nella congerie di mille riferimenti e rimandi possibili capita che emergano anche i Magellan dei defunti fratelli Garner, per quella scollata ariosità che pervade il sound e che poi invece, per magia, si riconduce ad un’unità di spazio, tempo e luogo, come nelle tragedie aristoteliche. “Masters And Following” è un viaggio, un’esperienza iniziatica, un caleidoscopio che consente di vedere la realtà circostante attraverso nuovi occhi, prospettive e colori, oltre la musica, un dono concesso a pochi artisti e i Presence rientrano tra questi eletti.
Marco Tripodi