Recensione: Mathreyata

Di Matteo Pedretti - 5 Dicembre 2020 - 7:00
Mathreyata
Etichetta: Svart Records
Genere: Doom  Sludge 
Anno: 2020
Nazione:
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88

Da anni, ormai, la Finlandia si è imposta come punto di riferimento per il sottobosco della psichedelia oscura e pesante, grazie a una scena estremamente variegata che spazia dallo Psych rock a tinte Doom di Atomikylä e PH (in passato Mr. Peter Hayden) al folk degli Hexvessel, dal Black metal degli Oranssi Pazuzu fino al Drone/Sludge/Doom dei Dark Buddha Rising. Oltre al gusto per le sonorità lisergiche e dilatate, queste band condividono tra loro anche i musicisti, cosicché le contaminazioni reciproche derivanti da tali esperienze hanno determinato il fiorire di proposte davvero originali e in costante evoluzione. La più alta manifestazione di questo modo di intendere l’essenza del “fare musica” è rappresentata dalla Waste Of Space Orchestra, progetto che coinvolge i componenti Oranssi Pazuzu e Dark Buddha Rising al completo, che ha dato vita a una composizione originale, commissionata dal Roadburn Festival e performata in esclusiva all’edizione 2018, poi trasformata  nell’album in studio “Syntheosis” del 2019: un concentrato di nera psichedelia che assume ore le forme del Black, ora quelle del Doom e dello Sludge.

Quanto sopra per contestualizzare il processo creativo che ha portato alla realizzazione di “Mathreyata”, il settimo LP dei Dark Buddha Rising, uscito a due anni di distanza dall’EP “II” e a cinque dal precedente full lenght “Inversum”.  Ascoltando il disco si percepisce immediatamente la significativa eredità che il progetto Waste Of Space Orchestra ha consegnato alla band, rintracciabile in primo luogo nella preminenza delle tastiere, molto più evidente che in passato, che agiscono in modo duplice sul sound, creando effetti che ne intensificano la dimensione psichedelica e accentuando la saturazione e le frequenze downtuned di chitarra e basso.

“Sunyaga”, l’opener di “Mathreyata”, è uno Sludge/Doom di tredici minuti talmente lento da sconfinare nel Drone, con tastiere che ne rafforzano le atmosfere rituali. Feedback ed effetti traghettano il brano verso la lenta marcia conclusiva, condotta da riff devastanti su cui si stagliano, implacabili e inquietanti, le urla ferali di Marko Neuman. “Nagathma”, il cui incipit è costituito da una sezione Ambient con un cantato pulito, è inizialmente meno opprimente della precedente. A metà del pezzo, però, le chitarre si saturano gradualmente in un crescendo che, con la complicità di grida tormentante, precipita l’ascoltatore in un livido abisso. I feedback di chiusura conducono, senza soluzione di continuità, alla strumentale “Uni”, in cui le iniziali atmosfere Ambient/Noise si evolvono, con l’ingresso di una sezione ritmica dal passo tribale, in un mantra oscuro.

Con i suoi oltre quindici minuti, la conclusiva “Mahathgata III” è la composizione più lunga del disco. L’apertura è lasciata alla sezione ritmica e a un cantato pulito, la cui ripetitività crea una sorta effetto circolare, interrotto dal pesante riffing di Vesa Ajomo, che richiama alla memoria i primi lavori della band. Dopodiché il ritmo accelera e le chitarre si sgonfiano, permettendo alle tastiere di esibirsi in un passaggio psichedelico di grande atmosfera, prima che la componente più feroce dei Dark Buddha Rising torni a prendere il sopravvento in quel delirio di ritmi ossessivi e chitarre ipersature che è il finale dell’album.

Si tratta indubbiamente di un ascolto impegnativo, ma la durata complessiva di circa quarantacinque minuti, in linea con il precedente “Inversum”, rende la fruizione di “Mathreyata” meno ostica rispetto a quella dei primi lunghissimi lavori del combo. La produzione, mai eccessiva, è molto attenta e precisa nel ricercare il corretto equilibrio tra le diverse componenti del suono, mettendo in primo piano ora chitarra e basso, ora a tastiere ed effetti, a seconda di ciò che il passaggio richiede. Da segnalare, inoltre, come questo lavoro segni il ritorno dei Dark Buddha Rising all’etichetta finlandese Svart Records, dopo l’interruzione del sodalizio con la Neurot Recordings, fondata dai Neurosis, che aveva pubblicato le due uscite precedenti.

Con il 2020 ormai agli sgoccioli penso di poter affermare con ampio margine di certezza che “Mathreyata” occuperà uno dei posti del podio della mia Year End List, ma questo rimane un parere del tutto soggettivo. Su un piano più oggettivo, invece, è evidente come, a quasi quindici anni dalla nascita, i Dark Buddha Rising siano da annoverare tra i principali propulsori del panorama Drone/Sludge/Doom internazionale. La loro forza risiede nella capacità di rimanere nei solchi della tradizione tracciata dai grandi che li hanno preceduti (Sunn O))), Earth, Burning Witch, Electric Wizard) evitando però di riproporne pedissequamente la lezione, ma introducendo elementi di assoluta originalità, in grado di definire una proposta davvero unica.

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