Recensione: Mausoleum Gate

Di Stefano Ricetti - 31 Ottobre 2014 - 0:10
Mausoleum Gate
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2014
Nazione:
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75

C’era un tempo, prima che la New Wave of British Heavy Metal esplodesse in tutto il suo clamoroso e benefico fragore, nel quale le avanguardie legate all’hard rock combattevano le ultime battaglie ideologiche legate a un genere, che di lì a poco avrebbe assunto le inevitabili colorazioni provenienti dalle nuove e possenti pulsioni siderurgiche.

I finlandesi Mausoleum Gate, all’esordio su full length per l’italianissima Cruz del Sur Music vanno, un po’ a sorpresa, a rivisitare idealmente quel momento storico, il crepuscolo degli anni Settanta e l’inizio del decennio successivo, che ha segnato passaggi epocali all’interno dell’universo della musica che amiamo.

Fottutamente vintage nella proposta e nel look minimalista, i cinque musicisti di Kuopio accompagnano la loro proposta a un booklet essenziale, dalla copertina straniante – di primo acchito mi ha riportato a quella di Lord of Sin degli inglesi Witchfynde, a livello di impatto -, con tutti i testi e una foto, rigorosamente in bianco e nero, della band nelle pagine centrali.                

Nonostante la durata importante di alcuni di essi, sono solo sei i pezzi che costituiscono l’ossatura di Mausoleum Gate, alla faccia di tutti quelli che a ogni costo devono infilarne tanti quanti ce ne stanno fino a saturare tutto lo spazio fisico a disposizione di un Cd, spesso con filler clamorosi.

L’inizio di questo filantropico tuffo nel passato della musica dura prende forma sulle note di Magic of the Gypsy Queen, brano che  riecheggia le umide cantine dell’Inghilterra di fine anni Settanta/inizio Ottanta, momenti davvero magici che marchiarono l’evoluzione del Metallo. L’interpretazione del singer V-P. Varpula non è urlata ma viceversa punta a stabilire un buon feeling verso chi è all’ascolto, peculiarità che risulta palese nella successiva Demon Droid, settantiana fino all’osso, Uriah Heep docet.  

La virulenza epica dei Mausoleum Gate trova terreno fertile nei meandri di Lost Beyond the Sun: nove minuti scarsi di pura estasi ferrosa, che per lo scriba esprime al meglio la cifra stilistica a tema eroico degli scandinavi: epica sognante, melodrammatica sul finale. Perfettamente in linea con l’intero spirito permeante l’album, il combo Cruz del Sur si avvale di una produzione agée, quindi niente suoni bombastici e saturazione tout court, rifuggendo  totalmente il trend HM degli ultimi anni.        

Un pezzo intitolato Mercenaries of Steel dà una botta Nwobhm a la Mausoleum Gate maniera anche solo per la carica intrinseca che si porta dietro nel nome, costruendo sul finale il fil rouge di collegamento alla canzone successiva ottenuto dal fine ricamo ricavato da delle tastiere di stampo Black Widow: There must be Demons, episodio oscuro poggiato su chitarroni maligni, usciti della grande Scuola Angel Witch.   

La title track, a chiudere l’intero lavoro, è un viaggio lungo quasi dodici minuti attraverso il manifesto del Mausoleum Gate songwriting, ove un po’ tutte le anime trasognanti della band si incrociano a fattor comune.

Mausoleum Gate è lavoro intrigante, senza nemmeno il nome della band in copertina, di certo non accessibile a tutti i palati, dal suono essenziale, vintage, come si era usi fare anni fa… e ce lo si faceva bastare, eccome se ce lo si faceva bastare!  

 

Open!

Open!

Open!

Open the mausoleum gate!

 

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

Anteprima

 

 

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