Recensione: Mechanics Of Predacity
Nuovo capitolo per i Lords Of Black, band spagnola dedita ad un heavy prog venato di hard rock, che già dall’omonimo esordio del 2014 aveva attirato l’attenzione di molti appassionati.
Anche il nuovo Mechanics Of Predacity è edito da Frontiers, la quale sigilla i lavori dei Lords Of Black già dal secondo album targato 2016. Alla produzione e mixaggio troviamo il chitarrista e fondatore Tony Hernando assieme all’ex Helloween Roland Grapow, che presso i Grapow Studios in Slovakia, ha forgiato questo nuovo capitolo.
La formazione rimane invariata rispetto al precedente Alchemy of Souls (Part II) e vede, oltre al fondatore Hernando, Dani Criado al basso e Jo Nunez alla batteria. Alla voce viene riconfermato il cileno Ronnie Romero, divenuto ormai un vero top player della scena rock e metal, avendo prestato la sua voce a numerose collaborazioni tra cui spicca quella con i Rainbow di sua maestà Ritchie Blackmore.
Mechanics Of Predacity, come suggerisce il titolo affronta tematiche che ruotano attorno all’istinto predatorio del genere umano. Un attitudine che perdura dai tempi delle prime comunità tribali fino alle complesse dinamiche della società moderna. L’album esplora meticolosamente la natura predatoria tipica degli animali a cui la razza umana pare non sottrarsi. La narrazione si svolge come una contemplazione di quanto individui, tribù, nazioni ed entità siano dediti a quest’istinto primordiale ancora presente nella natura umana. Una continua caccia che, se negli albori della storia umana era dettata dalla necessità di procurarsi il cibo per sopravvivere, col tempo è divenuta una continua ed avida ricerca di potere e ricchezza.
Le tetre note di un arpeggio danno il via a For What is Owed to Us, un heavy power dai toni cupi e severi dove Hernando e soci sfoderano da subito gli artigli. Un riff di chitarra ruvido apre le porte di Let the Nightmare Come, che si mantiene sempre su tinte opache. Un’accoppiata di brani spigolosi che rendono l’idea della tensione durante una battuta di caccia, immagine che calza a pennello con le tematiche di questo nuovo lavoro.
I Want the Darkness to Stop cambia un po’ registro proponendo un hard rock epico e sofferente dalle ritmiche più controllate ed una prova di Romero tendente al melodico. Anche Can We Be Heroes Again, dopo le prime note grintose, si rivela un rock posato con un cantato più morbido .
Più ruvida invece la simil-Megadeth Let It Burn, traccia con attitudine incendiaria, ben coerente con il titolo che porta. Build the Silence è un pezzo serioso che trasuda un certo sentimento di angoscia, così come Crown Of Thorns, un mid tempo epico sostenuto dal basso di Dani Criado ed i riff dal gusto doom di Hernando.
Obsessions of the Mind invece è un brano incentrato su di un certo hard rock più easy listening dove, per l’occasione si inseriscono anche note di piano.
A World That’s Departed è invece la traccia dove i Lords Of Black sfoggiano il loro lato più prog. Durante i suoi undici minuti di durata, la suite si evolve in una serie di cambi di tempo e parti strumentali senza però mai eccedere, rischiando di annoiare l’ascoltatore. In chiusura c’è ancora lo spazio per Born Out Of Time, un brano con una struttura più vicina ad un power metal tradizionale.
Sostanzialmente Mechanics Of Predacity è un’altra buona prova per i Lords Of Black. Un lavoro di heavy power / hard rock dai tratti ombrosi ed umore crepuscolare.
Nessuna grande novità rispetto ai lavori precedenti, piuttosto una piacevole conferma.
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