Recensione: Mechanized Misanthropy

Di Daniele Balestrieri - 29 Ottobre 2005 - 0:00
Mechanized Misanthropy
Band: Feldgrau
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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È l’America l’apocalittico teatro di deflagrazione universale dal quale viene lanciata la testata nucleare di nome Feldgrau, e proprio Herr Pete Helmkamp guida il trio maledetto dopo aver sparso il sale sui campi con i suoi Angelcorpse e i Terror Organ, coadiovato da Vhex, già militante negli Immolation e negli Acheron. Con questi nomi in ballo non ci si può che aspettare un prodotto di un notevole estremismo musicale, e i fatti non sviliscono le attese: Mechanized Misanthropy rappresenta in musica l’esatta trasposizione del proprio titolo, Misantropia Meccanica. La base di fondo, come è giusto che sia, è black metal, ma quel tipo di black che prende le radici americane più che europee, quindi ben poco di atmosfera, di freddo e di ricercatezza e più di vero e proprio massacro sonoro senza speranza. Il limite audibile viene superato ben più di una volta in quest’album in cui chitarre, drum machine e sintetizzatori superano il loro picco massimo procurando un fastidioso e malato ronzio che accompagna l’ascolto tra una traccia e l’altra. Tema principale è ovviamente la guerriglia armata, stante il nome Feldgrau specifico di una divisione armata tedesca della prima guerra mondiale – e ovviamente tutto ciò che ruota attorno alla violenza, alle esplosioni, ai cingoli dei carri armati e all’odore di polvere da sparo. Ricordo un periodo in cui andò quasi di moda questo tipo di black brutale bellico, specie quello ispirato alla seconda guerra mondiale e al nazismo, tema che ispira facilmente un genere musicale tanto estremo. In questo Mechanized Misanthropy non c’è spazio per la speranza – tutto è affogato in un esubero di chitarre pastose, violente, completamente amalgamate nel muro sonoro delle grandi distorsioni sintentiche che violentano la batteria, stuprano i bassi e martoriano la voce gracchiante e gorgogliante, come proveniente da una trincea, mentre gli allarmi riempiono gli spazi vuoti e la contraerea interrompe i riff con le sue pesanti esplosioni.

E laddove le chitarre non corrono impetuose nel mare di confusione e morte, la velocità rallenta sinuosa come nel silenzio dopo la battaglia, in momenti come “Putrid Stigmata” in cui la voce proviene da una palude costellata di morti e la deviazione del distorsore piaga l’ascolto fino al seguente momento in cui ritorna preponderante il sintetico, il meccanico, l’elettronico unito al caos sonoro più totale, tra ruggiti e urla disperate.

Questo è uno di quegli album per assoluti intransigenti, per chi ama la musica portata all’estremo e a cui non dispiace torturare il proprio stereo con marce di battaglia, stralci di discorsi degli anni 40 e uragani sonori praticamente indiscernibili: ci sono effettivamente dei momenti in cui il caos totale, specie dopo aver avuto l’adrenalina a fiotti nelle vene, non guasta mai: il problema giunge per il 98% dei restanti ascoltatori che oltre a pompare acidi vogliono anche ascoltare della musica propriamente detta: in questo i Feldgrau falliscono in pieno, e se dovessi consigliare a chiunque di spendere 15 euro per comprare un CD che ha l’effetto equivalente di un’iniezione di techno-trance a 320 bpm, probabilmente mi sentirei un criminale.

I seguaci di Herr Helmkamp (e non sono pochi) già sapranno cosa aspettarsi da questo Mechanized Misanthropy e probabilmente apprezzeranno la sua ennesima visione caotica e meccanizzata della musica; gli altri direi che se ne dovrebbero tenere alla larga, a meno che non sognino di rilassarsi su una sdraio accanto a un jet che decolla ed esplode subito dopo.

TRACKLIST:
 
1. Stormfront
2. Strong Arm Faction
3. Zerstorer
4. Wolves Of Flame And Shadow
5. Iron Law: Iron Will
6. Conflagration Total War
7. Putrid Stigmata
8. Bacillus Satanas
9. Kommand

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