Recensione: Medieval Shadows from an Ancient Netherworld [EP]
«Il tempo non è una linea ma una dimensione, come le dimensioni dello spazio. Se si può piegare lo spazio, si può piegare anche il tempo, e se grazie alle necessarie conoscenze ci si potesse muovere più velocemente della luce, si potrebbe viaggiare a ritroso nel tempo ed esistere contemporaneamente in due luoghi.»
L’incipit di “Occhi di Gatto” della poetessa canadese Margaret Atwood sembra calzare a pennello nel presentare al grande pubblico l’esordio discografico dei greci Lunar Spells.
Quattro canzoni per poco meno di venti minuti di furioso e incalzante Black Metal dal marcato sapore scandinavo: quattro canzoni che sono state capaci – in piena pandemia mondiale – di farmi saltare sulla seggiola in preda ad una inspiegabile e inarrestabile euforia.
Ecco raccontato in poche parole “Medieval Shadows from an Ancient Netherworld”.
Mi ritengo vecchio abbastanza per non essere stupito più di tanto, sopratutto se si parla di musica, quando si disquisisce della nobile e oscura Arte del Black Metal. Riuscire a catturare l’attenzione, senza pretendere null’altro che questo, è già di per sé un lavoro estremamente ostico. Tenere lontani dalla propria creatura quel fastidioso senso di déjà vu che fa passare oltre l’ascoltatore, in un moderno supermercato del suono digitale, è una delle cose più difficili per qualsiasi artista, al netto dallo spessore e dalle capacità oggettive.
I Lunar Spells, con questo “Medieval Shadows from an Ancient Netherworld”, sono riusciti a centrare l’obiettivo al primo colpo, cosa assolutamente non banale né tanto meno scontata.
Il disco ti cattura subito, come in una trappola attentamente ordita, e non ti lascia più andare.
L’EP è una vera e propria macchina del tempo capace di trasportare metaforicamente l’ascoltatore in un piccolo e mal illuminato scantinato nella cittadina di Kolbotn verso gli inizi degli anni novanta.
Magia della suggestione.
“Witchcraft Spells”, opener del lavoro dei Nostri, è un concentrato di gelido vento del nord che poggia su un riff ossessivo e scarno dalla struttura semplice ma estremante efficace. L’attenzione, catturata fin dalla prima nota, si sposta violentemente sulla seguente “Beyond our Darkest Paths”, brano che ricalca fedelmente l’andamento della traccia d’apertura e che ne segue il naturale sviluppo.
In tanti, nel corso degli anni, si sono cimentati nel riesumare sonorità antiche che riposano incastonate come gemme nelle pietre miliari del genere. In pochi ci sono riusciti per davvero, e di questi vale la pena parlare.
“Howling Winds of the Eternal Sea” e “Moonlight’s Depths” vivono in un equilibrio quasi ipnotico fatto di sonorità ossute ed incalzanti che rimbalzano, taglienti, nella testa dell’ascoltatore senza dare la minima tregua.
La traccia finale, la più lunga di tutto il lavoro, alterna sfuriate grezze e abrasive a parti più cadenzate e lente, recitate, dal sapore marcatamente introspettivo.
Un EP così ben fatto è davvero una cosa rara di questi tempi, abituati come siamo a pubblicazioni pompose e pretenziose che ci abbandonano nel tempo di un battito d’ala di un corvo.
Un plauso ai Lunar Spells e al loro lavoro: una delle uscite migliori in un anno nero che l’umanità non dimenticherà molto facilmente.
Peluso Daniele