Recensione: Megalomanium II
Ad un anno dal precedente “Megalomanium” gli scandinavi Eclipse propongono un secondo volume dell’opera, a quanto pare creato in contemporaneo al primo, idealmente andando a costituire un doppio album come si usava una volta per le band in fase di ipertrofia creativa.
A testimonianza del periodo di straripante fertilità della formazione di Erik Mårtensson e soci, ecco, dunque, arrivate altre undici canzoni come sempre scintillanti ed eccitanti, sebbene – come peraltro ci si attendeva – prive di particolari novità dal punto di vista stilistico.
L’album si apre con Apocalypse Blues, un uptempo energico ed arrembante – del tipo “opener perfetto”- seguita da The Spark, altro veloce hard rock melodico fatto apposta per essere saltato e cantato dal vivo. Al top del disco va poi elevata Divide & Conquer, ulteriore class metal ottantiano veloce e trafitto da riffoni e rapidi assoli chitarristici.
Sebbene il fronte degli slow sia ben rappresentato dall’emozionale Dive Into You (power ballad intarsiata da pregiati assoli ed arpeggi della sei-corde), e dalla semi-ballata – pure evocativa -intitolata To Say Goodbye, è sul fronte del rock più anfetaminico ed incalzante (sempre condito dei consueti altissimi tassi di melodia) che gli Eclipse danno, come al solito, il meglio di sé.
Il loro hard rock assume, in tale ambito, sfumature diverse, da quelle pop-punk dell’arrembante All I Want, alla più tranquilla e carica di melodia “alla scandinava” Falling To My Knees (anche qui Magnus Henriksson brilla di una luce particolarmente intensa), dalle tracce di epico power-metal dell’elegante One In A Million, agli inserti “morriconiani” in salsa AOR del midtempo Until The War.
Da citare, poi, in particolare, l’intensissima Still My Hero, ancora elegante AOR, ancora belle chitarre, qui più raffinate e sottili.
In definitiva “Megalomanium II” sorprende – se non per novità stilistiche di sorta – per la conferma della costante alta qualità delle tracce e per l’immancabile energia delle esecuzioni (sempre con l’adrenalina a palla) che paiono apparentemente inarrestabili, con l’inevitabile menzione d’onore per il canto di Erik Mårtensson e la chitarra eccelsa di Magnus Henriksson.
Francesco Maraglino