Recensione: Melissa

Di Abbadon - 13 Marzo 2003 - 0:00
Melissa
Etichetta: Roadrunner Records
Genere: Heavy 
Anno: 1983
Nazione:
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91

“Halloweeeeeeeeeeeeeen is the night
The legend says the ghost will rise
On Halloween they can’t redeem
A restless soul from an ancient scene
At the sound of the demon bell
Everything will burn to Hell
Rise… rise… rise… It’s Halloween
Rise… rise… The ghost will rise “

Primo vero Album dei Mercyful Fate di King Diamond (dopo le “prove generali” di “Nuns have no Fun” e vari mini/demo), Melissa esce sul mercato del disco nel 1983 (assieme ai primi album di altre band straordinarie di cui non faccio nomi), ed è stato sicuramente un esordio col botto per l’uomo dal Make Up con la croce rovesciata in fronte. Infatti per molti Melissa rappresenta tutt’ora il picco della carriera del Re Diamante alla testa dei Mercyful Fate, band che propose un heavy metal molto “heavy” e veloce, associato a tematiche esplicitamente legate al demonio, che allora causarono non poca discussione. Fortunatamente i Fate erano una band non molto pubblicizzata, senno la gente comune, che già dava dei  satanisti ai Maiden, sentendo i Mercyful avrebbe gridato al rogo.

Vabbè non divaghiamo e torniamo all’album. Tecnicamente Melissa è fatto davvero molto bene, uno sfrenato Heavy Metal tutto orientato sulle chitarre e sulla voce fasettata, sicuramente uno dei motivi di successo di King, e riconoscibilissima anche da orecchie profane. Anche il basso è ben udibile e si sente che è suonato bene (per intenderci tutti i Mercyful sono ottimi musicisti, dai chitarristi Denner e Shermann, al bassista Hansen), mentre la batteria mi sembra un pò trascurata e anche oscurata dagli altri strumenti (particolare che in futuro si assottiglierà). Le liriche non hanno una “ambientazione precisa” come nei concept dei futuri King Diamond ma, come già detto, si ricollegano più o meno tutti a Satana, forze dell’oscurità e demoni, che paiono invocati in maniera molto azzeccata dal misto falsetto/voce sacrale. L’unica pecca sono le forse poche canzoni, solamente 7, di cui molte tratte (giustamente) dai mini precedenti, canzoni che tra l’altro (non tutte ma soprattutto le prime sì) sono abbastanza simili fra di loro. Fatto sta che comunque le song sono lunghe, ben strutturate (nonostante abbiano solo un canovaccio di fondo e non il classico stile intro/strofa/refdrain/strofa/refrain/assolo eccetera), e garantiscono ben 40 minuti (molti per 7 tracks) di davvero gustoso ascolto.

Il Gustoso Ascolto si apre subito con “Evil”, pezzo dal suono ritmato e grezzo, ma godibile, che fa capire subito che Hank e soprattutto (per me) Michael sanno davvero pizzicare le corde della chitarra, esibendosi in assoli rudi, cattivi e tuttavia molto tecnici, i quali accompagnano un essere “nato in un cimitero, sotto il segno della luna, risorto dalla sua tomba. Era un Mercenario, nella legione infernale, ora è il signore del dolore”. Ci si sposta invece nell’Egitto, luogo caro a King per le sue ambientazioni, per la seconda song, “The Curse of Pharaos”, un monito al lasciar stare i re Egiziani e i loro tesori, poichè la loro vendetta può essere tremenda. La traccia è all’incirca della stessa velocità della precedente, ma con più cambi di scala musicale, che la possono rendere, a seconda dei gusti, più vivace o più noiosa (io punto sul primo termine) di Evil, alla quale assomiglia musicalmente, eccezion fatta appunto per i cambi di scala. Abbastanza similare alle due precedenti songs è pure “Into The Coven”, che però presenta molto più falsetto, è più bassa e minacciosa come suono, nonchè più pulita e un pelo più lenta, così come deve essere un vero e proprio rito di iniziazione a Satana fatto da una strega.

La canzone che fa da metà del disco è per me geniale, e che ci introduce davvero nell’essenza del disco stesso, mentre le prime tre song facevano un po da introduzione. “At the sound of the Demon’d Bell” si apre con un assolo  rapido e melodico allo stesso tempo, per poi continuarecon un urlatissimo “HALLOWEEEEEEEEENNNN”, urlato da una banshee impazzita. King ci descrive qui il risveglio dei morti nel giorno di Halloween, accompagnati da riff veloci e taglienti, che spazzano via ogni resistenza all’ascolto, e che fanno della canzone la mia preferita di questo gran disco. Disco che viene ulteriormente impreziosito anchedalle due seguenti perle, ovvero “Black Funeral”, 2 minuti e cinquanta di sacrificio satanico sotto forma di canzone, e dagli undici minuti abbondanti della maestosa e interminabile “Satan’s Fall”, una vera cavalcata attraverso una notte dove tutto e niente sta accadendo, dove strane presenze vagano e arrivano alle porte dell’inferno. Oggettivamente forse Satan’s è davvero troppo lunga, ma musicalmente è validissima, presentando tutto quello che si vuole di una song, dai cambi di ritmo agli assoli, che producono un mix degno di nota. Melissa si chiude con la graffiante title track, che ci porta nel mondo dell’omonima fattucchiera, invocata e adorata da King Diamond e dai suoi soci.

Con questa adorazione si chiude un album che secondo me è uno dei migliori di sempre dei Mercyful Fate, secondo solo a “Don’t Break the Oath” a causa della lunghezza complessiva del disco, che riduce i minuti di piacere verso una band straordinaria, ma che pur rimanendo sul eccellenti livelli (almeno fino al terzultimo album) ha visto la qualità dei suoi disci assottigliarsi mano a mano, un vero peccato.

Riccardo “Abbadon” Mezzera

Tracklist :

1) Evil
2) Curse of the Pharaos
3) Into the Coven
4) At the Sound of Demon’s Bell
5) Black Funeral
6) Satan’s Fall
7) Melissa

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