Recensione: Memory Lane

Di Abbadon - 7 Maggio 2004 - 0:00
Memory Lane
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Anno: 2004
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72

Uscito in Giappone la bellezza di 10 anni fa sotto il nome di Mother, Memory Lane, secondo disco degli svedesi State of Mind (dopo il disco promozionale “Dreams those Dreams”, del 1993), rivede la luce in una versione europea. A permettergli questo è la MtM Classix, da sempre avvezza alle ristampe e pronta ad occuparsi anche di questo lavoro.  Devo dire che non conoscendo troppo bene (eufemismo..) questa band ho subito ascoltato il promo con molta curiosità, come sempre mi capita quando vedo la scritta Hard Rock in calce sulla confezione. Beh, il risultato è stato alterno, ma con una tendenza alla crescita. Mi spiego meglio : se al primo ascolto (un po’ superficiale), mi sono detto “Beh è sufficiente, si lascia ascoltare ma nulla di che”, man mano che continuavo a sentirlo, Memory Lane mi ha fatto cambiare idea sul suo conto. Certo non è un disco che farà la storia, però ha una capacità di prendere ed appassionare più che discreta, il che eleva questo lavoro dalla media di oggidì. Trattasi di un hard rock molto melodico e dalle sonorità medie ma squillanti (come ne potete trovare sui dischi di bands quali Lynch Mob, Van Halen ed anche, in qualche frangente, Whitesnake), che fa dell’estrema orecchiabilità il suo punto di forza. Tecnicamente siamo messi tutt’altro che male, sia da un punto di vista vocale che strumentale. Lo strumento di punta del gruppo è senza ombra di dubbio la chitarra, con Jorgen Svensson che macina assoli e riff di ottimo gusto, che non possono non piacere a chi ama le band ispiratrici sopra elencate. Buona anche la tastiera, suonata in parte da Patrik Appelgren e in parte da un altro Patrik, stavolta Lundeberg. Competano il parco strumentisti il bassista Johan Larsson e il batterista (che a volte va davvero sopra le righe, in senso positivo, sui suoi compagni) Roger Kindstrand. Il cantato :  beh il cantato è affidato all’ex Great King Rat Conny Lind, e si dimostra subito un gran bell’affidamento. Il timbro è alto, molto alto, e tuttavia estremamente pulito, anche sotto sforzo, inoltre è presente una quasi sempre eccellente fusione della voce col suonato, cosa a mio avviso molto importante. Come spesso faccio per le nuove uscite, non faccio la mia solita tiritera della descrizione canzone per canzone, in quanto credo che il modo per gustarsi al meglio un nuovo Cd è quello dell’avere un minimo di sorpresa al fine di poterlo giudicare a caldo, quindi dò solo qualche informazione e un paio dritte. Le tracks sono davvero tante, ben 12, 10 delle quali erano sulla versione originale del 1994 (si aggregano le ultime due “Hang Tough” e “Gypsy Rave”), sono tutte abbastanza lunghe e di strutturazione piuttosto classica. Vediamo quindi un’alternarsi di pezzi rapidi e possenti (ma sempre con quel tocco melodico che mai guasta) all’ancor più classico pezzo lento. Non si pensi però che le 12 canzoni siano tutte uguali, ognuna ha la sua identità e merita più di un ascolto. Soprattutto segnalo di concentrarsi bene sulla splendida opener “My Kind of Life”, certo non originale ma non per questo meno godibile (soprattutto grazie ad un vocalist in vero stato di grazia), su “Carry On” (non inganni l’inizio decisamente spagnoleggiante, che potrebbe distogliere dal resto, dobbiamo vedere ben oltre la chitarra acustica), su “Extreme World” (pezzo dalla partenza decisamente futuristica e dotato di un ritmo veramente trascinante, adrenalinico e decisamente VanHaleniano) e sulla strarockeggiante “Good Old Times”, il quale inizio batteristico mi ricorda un botto quello di “Living After Midnight” dei Priest (certo la canzone in sé non c’entra nulla col capolavoro presente su British Steel, eppure l’inizio è in quello stile). Questi a mio avviso i pezzi migliori, ma non dobbiamo fossilizzarci qui perché anche le altre track sono più che discrete (anzi forse “Liar”, nettamente la più dura delle tracce presenti, dotata di un riff secco ed estremamente heavy, meritava l’inclusione) e vanno quantomeno ascoltate, perché formano un complesso (lungo poco oltre i 50 minuti, mica poco per un disco) che sicuramente, ad un rocker di vecchio stampo ma anche ad un ascoltatore che non ama la violenza smodata, non dispiacerà ascoltare. Parola mia.

Riccardo “Abbadon” Mezzera

Tracklist :
1)My Kind of Life
2)Up on the Top
3)Carry On
4)Dreams Those Dreams
5)Empty House
6)Extreme World
7)Good old Times
8)Liar
9)Mother
10)Traveling Man
11)Hang Tough
12)Gypsy Rave

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Anno: 2004
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