Recensione: Mentally Ill Legally Sane
I Blacklist 9 sono nati nel 2013 nel Sud della California da un’idea del batterista Lonnie Silva (Black Sheep, Impelliteri) e del figlio Kyle, chitarrista.
Reclutati altri musicisti hanno cominciato a suonare lungo la costa occidentale ed a comporre del materiale loro, in parte incluso nel primo demo ‘Madness’ del 2014.
Divergenze di opinione sulla strada da intraprendere hanno portato i Silva a separarsi dagli altri musicisti, arruolando, al loro posto, il vocalist Graham Fletcher ed il bassista Ray Burke, ritenuti più adatti all’impronta stilistica del combo: un groove intenso, arrabbiato senza essere esasperato, con buone linee melodiche e variazioni essenziali.
Dopo un secondo demo esplorativo, un aumento considerevole del proprio seguito e dell’attività live, aprendo concerti anche per gruppi importanti quali gli Accept, i Blacklist 9 hanno deciso di incidere l’album d’esordio, dal titolo ‘Mentally Ill, Legally Sane’, prodotto da Jeff Collier e distribuito, a partire dal 22 marzo 2019, dalla Eclipse Record.
Le tematiche dell’album affrontano vari problemi sociali, come la dipendenza e l’avidità del governo, esprimendo una rabbia resa palpabile attraverso un sound scuro e massiccio, dominato da una potente sezione ritmica e da una buona ricerca melodica, con una voce altamente interpretativa ed assoli che mantengono l’area fosca emanata dal disco.
I brani sono otto di cui due (‘Stand in line’ e ‘Madness’) sono proposti anche nell’edizione per le radio per un totale di dieci pezzi.
L’apertura è affidata ad ‘Azzip’, intro di un minuto, angosciante, cupa e malsana, intrisa della rabbia che il combo intende sfogare attraverso la propria musica.
Segue ‘Stand in line’, pesante, cadenzata, ridondante è carica di ira e di determinazione, così come la successiva ‘Kali Smile’, dove la batteria picchia duro e le strofe sono strafottenti fino a diventare una narrazione maligna.
‘Down’ si basa invece sulla potenza del tempo medio. In questo pezzo è molto valida la prova del cantante che dimostra una certa versatilità, passando dalle timbriche tipiche del groove a quelle più proprie dell’Hard Rock anni ’70, con un risultato coinvolgente che impreziosisce il pezzo.
La traccia successiva, ‘Madness’, spiazza di colpo, essendo un rap alla Rage Against The Machine, non proprio violento ma duro e pesante con un refrain con chorus schietto e diretto. L’interludio presenta un pezzo di basso maligno che aumenta ulteriormente la carica di collera.
Si prosegue con ‘Liars’, un po’ più veloce ma sempre determinata con un buon interludio nel quale la melodia della voce è contrastata da una dinamica batteria.
Passando per ‘Mental Hostage’ si giunge alla conclusiva ‘Legally Sane’, lenta, ultra cadenzata, sabbatthiana dimostra quanto il gruppo sia versatile all’interno del proprio genere. Molto valido è l’effetto della chitarra solista, che rende il tutto ancora più pesante. Il finale è affidato ad un enfatico pezzo di chitarra spagnola.
Album di breve durata, ‘Mentally Ill, Legally Sane’ è comunque intenso ed emozionante e si può considerare un buon esordio. Soprattutto inquadra bene le potenzialità dei Blacklist 9, che sanno unire rabbia e melodia in modo più che coinvolgente. Auguriamo loro un grande futuro.