Recensione: Merciless

Di Andrea Bacigalupo - 30 Novembre 2024 - 17:28
Merciless
Band: Body Count
Genere: Rap Metal 
Anno: 2024
Nazione:
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82

Rap – Metal: l’incontro tra due movimenti artistici e culturali tra loro diversi? Mah!

Il primo è nato dalla cupidigia dell’uomo politico americano che, per far crescere economicamente la sua nazione, non ha esitato a sacrificare un intero quartiere, il Bronx, facendolo attraversare, nel 1959, da una grossa arteria stradale (la “Cross-Bronx Expressway”) abbattendo case, magazzini e fabbriche.

Con il passare degli anni l’abbandono dell’area da parte di molti, la svalutazione degli immobili e l’esponenziale crescita della disoccupazione portarono il famoso distretto di New York ad uno stato di forte declino urbano, con un conseguente aumento della criminalità soprattutto tra i giovani. Spaccio di stupefacenti, scontri armati con le forze dell’ordine e tra le “gang”, furti, rapine, corse in macchina mitragliando a caso divennero all’ordine del giorno. Ma c’era anche chi fece scelte diverse, chi cercò la salvezza nel mondo della musica. Nacquero i Block Party, le feste da strada … nacque l’Hip Hop (la cui data di nascita convenzionale è l’11 agosto 1973) ed il suo modo di creare musica con il giradischi ed il mixer. Ed è proprio durante la fase di mixer che i DJ dell’epoca cominciarono a parlare forte sopra la musica, per nascondere le eventuali imperfezioni dei passaggi; questa tecnica, il rapping, diventò uno stile vocale ed elemento caratteristico dell’Hip Hop, utilizzato da molti artisti anche per esprimere il proprio dissenso nei confronti della società.

Qualche anno prima, in un’altra parte del mondo, la frangia buia ed estrema dell’Hard Rock venne fuori: nacque l’Heavy Metal ed i suoi suoni ribassati e disturbanti, il suo incedere inarrestabile, le sue tempeste, i suoi bagliori ed il suo particolare modo di osservare la parte oscura dell’uomo, scendendo nei recessi più profondi della sua mente scoprendone le fragilità, le ansie, ma anche i suoi lati più prepotenti ed egoisti. Fin da subito i Black Sabbath affiancarono alle loro tematiche spaventose, visionarie e lugubri anche delle altre di mera critica sociale (‘War Pigs’ tra le prime’), tematiche che, poi, divennero caratteristica anche del Thrash Metal.

Ed eccolo lì il punto in comune … l’elemento che fa sconfinare i territori del Rap e del Metal uno nell’altro: lo sfogo rabbioso dovuto all’analisi concreta di una società corrotta e distruttiva, il voler mettere in chiaro il proprio pensiero sovversivo ed irruente.

Al di là dei primi esperimenti, le due strade si sono definitivamente incrociate il 9 marzo 1986, quando Run-Dmc ed Aerosmith registrarono una nuova versione di ‘Walk This Way’, pezzo effettivamente molto adatto allo scopo.

Anche gli Anthrax capirono quanto questa miscela poteva essere detonante: nel 1986 registrarono l’EP ‘I’m the Man’ (con tanto di abbigliamento Hip Hop in copertina, in completa controtendenza al denim e leather metallico), sdoganando definitivamente il rapping nell’ambiente del “battere e percuotere”, poi, nel 1991, si unirono ai Public Enemy per dare vita ad una nuova versione della loro ‘Bring The Noise’.

Ma furono le sperimentazioni degli anni ’90, quelle per cercare di far sopravvivere un Heavy Metal un po’ in affanno, a dar vita ad un nuovo genere: non più solo collaborazioni sporadiche, ma vere band di Rap Metal come i Rage Against The Machine ed i Body Count di Ice-T e Ernie C.

Questi ultimi son nati nel 1990 ed hanno dato vita ad 8 album, di cui l’ultimo è ‘Merciless’, disponibile dal 22 novembre 2024 via Century Media Records.

Album esplosivo al cubo, ‘Merciless’ dimostra quanto il Metal ed il Rap siano affini, che barriere non ce ne sono quando si tratta di dire le cose in modo chiaro e limpido.

Il punto di forza è la voce di Ice-T, un signore di 66 anni che non si arrende anche se ormai sa come stanno le cose, che tira fuori una rabbia sovversiva fuori dal comune, ma anche riflessioni profonde scaturite dalla saggezza acquisita, esternate attraverso un Rap dalle linee tanto caustiche quanto rassegnate. Questo dà vita a trame cangianti dalle emozioni forti, inquietanti e crude, sia che il testo tratti argomenti di fantasia (‘Purge’, ispirata dall’omonima serie horror), sia quando è tremendamente agganciato alla realtà (‘Fuck What You Heard’, ‘Drug Lord’, ‘World War’) ma anche quando descrive alcune caratteristiche negative della natura dell’uomo (in ‘Interrogation’, il brano introduttivo, Ice-T recita la parte di un inquisitore sadico descrivendone le malate emozioni).

C’è poi la chitarra di Ernie C, con le sue onnipresenti linee lancinanti, i riff “slayeriani” e gli assoli classici.

C’è una sezione ritmica solida, con un basso prepotente e dominante ed una batteria devastante.

Ci sono una marea di ospiti appartenenti all’estremo ed al passato, da George “Corpseginder” dei Cannibal Corpse a Joe Bad dei Fit For An Autopsy, da Howard Jones dei Light The Torch (ed ex Killswitch Engage) a Max Cavalera fino a David Gilmour (sì, proprio lui), il cui talento artistico ha dato ulteriore forza e personalità a brani già comunque potenti e ficcanti.

C’è soprattutto il “saper scrivere”, il saper fissare sul pentagramma le proprie emozioni, oltre che le proprie idee, dando vita a brani interiori e profondi, anche colmi di una qual certa follia, un veicolo per entrare nel mondo accusatorio dei Body Count per una quarantina di minuti per capire e riflettere.

L’incedere sistematico della cadenza di ‘Merciless’, il vortice che creano i cambi di tempo di ‘The Purge’, l’inquietudine che infonde ‘Psychopath’, la denuncia sociale espressa nel Rap classico di ‘Fuck What You Heard’ (che paragona i partiti politici alle gang), il Thrash/Metalcore di ‘Live Forever’ … proseguendo fino all’ultimo secondo del disco, sono tutti squarci di un mondo duro e psicotico.

Soprattutto sono brani musicalmente coinvolgenti, di una qualità e varietà sonora tale da non avere un punto di rottura od un elemento debole … ‘Merciless’ annulla lo scorrere del tempo.

Particolare menzione per ‘Comfortably Numb’, cover del classico dei Pink Floyd (da ‘The Wall’ del 1979): con un testo in parte riscritto, la canzone è riconoscibile essenzialmente dal ritornello e dalla chitarra dello stesso David Guilmor che fa da linea guida. L’atmosfera resta surreale ma è trafitta da una voce durissima che riflette sull’umanità.

La chiusura dell’album è affidata a ‘Mic Contract’, compatta, spedita e senza sosta, un Rap Metal tradizionale che punta, riuscendoci, a spaccare.

Concludendo: i Body Count tornano con un album decisamente coinvolgente, composto da 12 tracce semplicemente belle da ascoltare e con contenuti profondi di cruda assimilazione. Questo 2024 si chiude con una bella esplosione. Decisamente da avere nella propria discografia.

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