Recensione: Mercurial States of Revelation
I Vastatum prendono vita come progetto congiunto di Wraith (Vanquished) e Luzifaust (Kaifrun, Hostium), che hanno deciso di approfondire le tematiche dell’occulto e dell’esoterico tramite nuove sonorità, ma con un approccio legato (dichiaratamente) ai grandi del passato. L’album di debutto della band si presenta nei suoi 40 minuti scarsi, con il titolo di “Mercurial States Of Revelation”, ed è in uscita l’11 Febbraio per Avantgarde.
“Nascent Mother Of Night” si apre con un arpeggio, che poi fa spazio ad una bella cavalcata in blast beat, molto coerente con le sonorità norvegesi anni 90’. Scream ottimo, brano che ricorda gli Emperor in più di un’occasione. Dinamica ottima, bellissimo i momenti più quieti, come anche le chitarre malinconiche e struggenti. L’inizio non è per niente male. “Fall Within Seclusion” è in forte continuità con la prima traccia, potrebbero tranquillamente essere parte dello stesso brano. Continuità non vuol dire però copia: qui significa coerenza. Notevoli le tastiere, l’album risulta fin qui molto organico grazie a questa fedeltà compositiva. A questo punto sorgono le note dolenti: se “Mortal Abrogation” rappresenta una caduta inaspettata in termini di qualità, la conclusiva “Upon The Dawn Of Gilded Fire” poteva risollevare decisamente le sorti dell’album. La traccia conclusiva però, con i suoi 9 minuti abbondanti di durata arriva come una mazzata alla fine dell’ascolto, rendendolo decisamente pesante: un brano così lungo ha bisogno di soluzioni, altrimenti invece di arricchire tende ad affossare. Con questo non si vuole intendere che sia un pezzo pessimo, anzi, qualche buono spunto ce l’ha, e sicuramente fa salire la valutazione rispetto all’episodio precedente, ma non raggiunge nemmeno lontanamente la qualità delle prime sezioni.
I Vastatum esordiscono con un lavoro ambizioso e con delle ottime idee ed intuizioni. Purtroppo però non bastano le idee a rendere memorabile un disco: serve capacità di plasmarle e farle rendere al loro meglio. Sicuramente una buona base è presente, ma è necessaria una varietà ed una freschezza che si possono rintracciare nella prima metà del lavoro, ma che scemano improvvisamente nella seconda parte dell’ascolto.