Recensione: Mercury Rising
I belgi After All giungono alla quarta pubblicazione discografica, escludendo un ep, e con questo “Mercury rising” si accasano presso la corte della Mausoleum Records che rappresenta una delle più blasonate etichette di questi anni sia per il valore indiscutibile delle band del suo rooster, sia per una politica discografica incentrata su ristampe di massimo interesse per gli amanti del metal classico. Francamente, con la sincerità consueta tra le mie righe, alla luce di tanti “strombazzamenti generali” risuonati da più parti in merito a questo disco, mi aspettavo molto di più da questi cinque ragazzi, non mi nascondo dietro gli scudi nel dirvi che questo “Mercury rising” rappresenta una uscita decisamente marginale rispetto alla norma delle pubblicazioni targate Mausoleum. Lo stile del gruppo, nota decisamente ostica, mi pare voler fondere insieme due scuole storiche del metal classico come la NWOBHM e l’eredità sonora dei Black Sabbath senza perdere nessuna delle caratteristiche generali delle band del passato, ma cercando di trovare una via personale e incisiva, capace di colpire nel segno fin dai primi ascolti. La produzione del disco è volutamente old fashioned, gli After All cercano spudoratamente di riprodurre il suono tipico del vinile, unito a chitarre distorte pesanti e oscure che rimandano proprio ai Black Sabbath e parti vocali frontali, grezze ma comunque efficaci se amate il tipo di apporccio sonoro della band di Ozzy Osbourne. Quello che non ho digerito di questo lavoro è la generale mancanza di una direzione compositiva credibile, l’ossatura delle canzoni spazia in maniera troppo disorientante tra pezzi dinamici e di facile presa, per poi perdersi in digressioni rock o lunghe composizioni dalle atmosfere doom che non fanno parte decisamente delle mie preferenze. E’ possibile che sia una questione di background, o che io non sia lo scribacchino giusto per recensire questo platter, ma secondo me questi ragazzi vogliono dire troppo e finiscono per non dire nulla.
Il disco si apre con la potente carica frontale di “Beneath the flesh” che viene affidata a riff molto convincenti e dinamici e possiede quasi un mood epico, ascoltando questa prima canzone mi sono fatto prendere dall’entusiasmo anche perchè mi ricordava da vicino le ultime cose dei Blitzkrieg, credo non servano altri commenti. Con “Rectify” il sound dei nostri svolta bruscamente verso lidi più cadenzati e oscuri, le strutture dinamiche ascoltate in precedenza si perdono tra passaggi chitarristici potenti ma non particolarmente messi a fuoco, il pezzo in breve risulta inconcludente. La mia sensazione aumenta con l’ascolto di “Crave for more” un brano orientato verso un particolare mood rock, nuovamente gli After All mettono molta carne sulle braci ma accostano in maniera sono abbozzata elementi che meriterebbero maggiore risalto e cura, risultando confusi. Pessima “Descending pain” è una suite soporifera, chiaramente doom, genere che detesto, mi vengono alla mente una serie di band a me letali quali i Cathedral e altre del genere, con questa canzone il disco precipita letteralmente. Con “The shadow wall” e “For us immortals” non si verifica la tanto sperata risalita artistica e sonora, anche in questi casi i nostri cinque non colpiscono con la dovuta chiarezza di idee, mostrando un songwriting spesso poco conisitente o comunque sviluppato solo parzialmente. Alcune scelte sonore non mi piacciono per niente, un conto è cercare di rendere il proprio sound back oriented, ma con le possibilità oggi disponibili in sede di produzione sonora bisognerebbe puntare verso una maggiore personalità, in modo da non rendere il disco troppo “rumoroso” e “impreciso” senza suscitare alcun tipo di interesse, qui la direzione mi pare del tutto contraria. Certo, tra voi possono esserci lettori che amano sentire band che si muovono in queste atmosfere le cui note che sanno di anni andati, io per primo adoro il suono degli anni ottanta, ma qui il discorso è totalmente differente, manca proprio la volontà di cercare una personale via sonora. Gli After All si rifugiano in un sound sterile, semplicemente copiato da chi suonava hard rock venticinque anni da oggi. Troppo lunga e in qualche frangente ripetitiva “Twist of fate” continua nella stessa tradizione di quanto ascoltato fin qui, in questo caso si percepiscono strutture rock, atmosfere oscure e spunti accennati di metal classico, ma senza una logica precisa e finendo per annoiare. L’heavy rock immediato di “Black dog, white devil” conclude il disco in maniera dignitosa pur senza esaltare particolarmente l’ascoltatore, qui il refrain immediato del ritornello viene ripetuto in modo efficace, ma non è nulla di particolarmente riuscito.
In conclusione vi consiglio di dare un ascolto a questo platter per conto vostro, se amate il sound descritto e criticato nelle righe sopra probabilmente vi potrebbero piacere questi After All, ma in nessun caso credo che questo “Mercury rising” abbia molto da offrire.
Tracklist:
1 Mercury Rising
2 Beneath the flesh
3 Rectify
4 Whispering words
5 Crave for more
6 Descending pain
7 The shadow wall
8 For us immortals
9 Immortals
10 Last day of winter
11 Twist of fate
12 Black god white devil