Recensione: Mesmer
Non sono onestamente famosissimi alle nostre latitudini, eppure in terra natia e negli Stati Uniti gli australiani Northlane proporzionatamente alla nicchia di genere possono vantare un seguito considerevole.
Cosa propongono, alla metà dell’A.D. 2017? A prim’acchito verrebbe da dire djent eppure, ed è con tutta probabilità questo il loro maggior merito, ciò equivarrebbe in qualche modo a sminuire il loro personalissimo mix di melodic metalcore e progressive metal di ultima generazione (TesseracT e Skyharbour i termini di paragone più ovvi), mix peraltro giunto con il nuovissimo “Mesmer” ad un grado di maturazione assoluto.
Citato per sommi capi il genere di appartenenza – e immaginando il tipico sopracciglio incurvato alla Carlo Ancelotti del lettore/ascoltatore più intransigente – vale la pena spendere due parole per descrivere gli ingredienti che contribuiscono a conferire alla musica dei Northlane quella forte identità necessaria per uscire dal marasma dei millemila gruppi di genere usciti allo scoperto negli ultimi anni.
È innanzitutto d’uopo citare l’asso nella manica degli australiani, ossia l’incredibile voce di Marcus Bridge (successore di Adrian Fitipaldes, già in sella dal precedente e apprezzatissimo “Node”), davvero in grado di fare il bello e il cattivo tempo tra growl a dir poco esaltanti per potenza ed espressività e vocals molto più melodiche di quelle del suo predecessore ma nel contempo splendidamente lontane da qualsivoglia accenno di stucchevolezza.
D’altro canto risulta davvero difficile trovare le parole per rendere giustizia al grandioso lavoro delle chitarre di Jon Deiley e Josh Smith nonché della sezione ritmica composta da Alex Milovic al basso e Nic Pettersen alla batteria. I loro riff, i loro pattern ritmici hanno infatti in sé la possanza delle onde di uno tsunami ma anche la capacità di sfumare tosto verso momenti più calmi ed estatici senza dimenticare un certo qual gusto “spaziale” tipico di queste sonorità.
Le undici canzoni di “Mesmer”, utilizzando gli elementi e gli stilemi poc’anzi elencati, si dividono equamente tra brani più catchy come il singolone “Citizen” (eccezionale, se vi fidate) e “Zero-One”, pezzi tiratissimi come le spettacolari “Intuition” (al limite del death/metalcore), “Colourwave” e “Savage”, momenti più calmi (“Solar” e la bella “Heartmachine”) e infine tracce ibride in cui tutto lo spettro sonoro dei Northlane pare trovare posto senza particolari forzature (“Render”, “Veridian” con i suoi accenti indie/alternative).
Al tirar delle somme un gran bel sentire, decisamente lontano da manierismi vari e anzi consigliatissimo a tutti gli amanti della buona musica nonché in lizza per accedere alla top 5 di fine anno, nell’attesa di vedere i Northlane all’opera in veste di headliner al prossimo Dissonance Festival.
Stefano Burini