Recensione: Metal

Di Federico Mahmoud - 26 Aprile 2007 - 0:00
Metal
Band: Annihilator
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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63

C’è smania di rilancio in casa Annihilator, marchio che in tempi non sospetti ha griffato autentici paradigmi di thrash tecnico ed estroso, salvo ridursi negli ultimi anni a una pallida imitazione dell’originale. L’insuccesso di All For You e Schizo Deluxe è figlio di una band in preoccupante crisi d’identità, che ha pagato sulla propria pelle lo strappo della dipartita di Joe Comeau; con l’ex-Liege Lord al microfono erano usciti dischi significativi, non tanto per i valori espressi (importanti, seppur lungi dall’eccellenza degli esordi), quanto per la volontà di rilanciare un progetto al capolinea dopo alcuni controversi capitoli solisti e una reunion fallimentare.

Metal è un titolo impegnativo, la risposta di Jeff Waters a un crollo di consensi che culmina in questi mesi con il tour di supporto ai Trivium. Lo spirito di rivalsa prende forma in un album atipico, che vuole riconciliarsi col passato senza tuttavia scrollarsi di dosso il modernismo latente che albergava nei predecessori; è un lavoro che ribadisce i limiti di una formazione costruita attorno a un cantante inadeguato (Dave Padden, paradossalmente il primo a registrare tre LP con il gruppo) e, pur con timidi segnali di ripresa, risulta ancora una volta dispersivo e altalenante in termini di songwriting. Le ragioni? Troppa carne al fuoco e troppi ospiti, la cui presenza varrà certo la curiosità dei neofiti ma riduce ulteriormente il debole amalgama tra i pezzi.

Il millantato salto di qualità resta una chimera: Jeff Waters si conferma un eccellente performer senza idee brillanti, impegnato in un velato riciclaggio del repertorio che ne ha reso celebre il chitarrismo funambolico; il colmo è raggiunto da Operation Annihilation, una mediocre copia-carbone della più celebre hit Set The World On Fire. Metal nasce come ideale compendio di stili che da sempre irrorano il sound del combo di Ottawa, ma non accontenta nessuno: è un album che pretende di essere thrash senza saper graffiare, limitandosi a una velocità di crociera che si colloca a metà tra mid-tempo e rare accelerazioni; per la prima, autentica sfuriata bisogna attendere Haunted, che richiama il riffing della mitica Human Insecticide senza tuttavia bissarne la ferocia esecutiva. La specialità della casa, quell’avvincente binomio di complessità e impatto che rendeva formidabili brani come Imperiled Eyes, ha ormai ceduto il posto alla predilezione per composizioni lineari, dirette ma orfane di un certo dinamismo: è il caso di Army of One, Downright Dominate e compagnia, pezzi catchy ma lontani distanze siderali dai traguardi prefissi alla vigilia. Gli episodi migliori si concentrano agli estremi della tracklist, con Kicked e Chasing The High ad assestare un colpo di coda tanto agognato quanto vitale per le sorti del platter: niente per cui scorticarsi le mani, piuttosto la conferma che dal duo Waters Mangini è lecito attendersi qualcosa in più. Stupisce peraltro la fiducia concessa a Dave Padden, chitarrista ritmico prestato al microfono il cui operato, nonostante discreti margini di miglioramento, continua ad alimentare dubbi. La sua è un’interpretazione fin troppo diligente, inoffensiva, che finisce per appiattire invece di rinforzare l’assalto strumentale materializzato dai compagni; emblematico il flop dell’opener Clown Parade, che a fronte di una manciata di riff esaltanti precipita rovinosamente in un ritornello melenso, assolutamente fuori luogo (e non è il solo).

Monopolizzati songwriting e produzione, prenotati tutti gli strumenti a eccezione della batteria (impeccabile, al solito, l’apporto di Mike Mangini), il padre-padrone Waters ha lasciato le briciole alla valanga di ospiti coinvolti. C’è chi, come Jeff Loomis (Nevermore) e Alexi Laiho (Children of Bodom), non ha sfigurato in tandem col padrone di casa e chi, al contrario, non ha lasciato particolare traccia di sé; trascurabile la partecipazione dell’insolita coppia Danko JonesAngela Gossow (Arch Enemy) che, sua malgrado, si è imbattuta in uno dei pezzi più insipidi del full-length (Couple Suicide).

Metal si accontenta di essere un average album, orfano di quelle ambizioni che un tempo demolivano e ricostruivano da zero i canoni di un genere prossimo alla deriva. Si avverte l’imbarazzo di un artista che, memore delle recenti scottature, ha optato per un taglio più essenziale e fruibile della sua opera, alla ricerca di un equilibrio tra suoni più attuali e il tradizionale marchio del gruppo: un impegnativo progetto di ammodernamento che, tuttavia, non trova ancora riscontro nei contenuti musicali. Il tracollo di pochi anni fa sembra passato remoto, eppure continua a mancare qualcosa: chi s’accontenta gode?

Federico ‘Immanitas’ Mahmoud

Tracklist (tra parentesi gli ospiti):
01 Clown Parade (Jeff Loomis)
02 Couple Suicide (Danko Jones, Angela Gossow)
03 Army Of One (Steve ‘Lips’ Kudlow)
04 Downright Dominate (Alexi Laiho)
05 Smothered (Anders Bjorler)
06 Operation Annihilation (Michael Amott)
07 Haunted (Jesper Stromblad)
08 Kicked (Corey Beaulieu)
09 Detonation (Jacob Lynam)
10 Chasing The High (William Adler)

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