Recensione: Metal Bridge
Solo omonimi dei californiani autori di Cherry Pie, i Warrant tedeschi tornano a sorpresa a far parlar di sé quasi trent’anni dopo il botto realizzato con The Enforcer, nel 1984: un disco possente, entrato nel cuore di tutti gli amanti dell’HM di marca teutonica in your fuckin’ face. Seppur lontani dal successo raggiunto da colleghi come Accept, Grave Digger e Running Wild, Jörg Juraschek e soci riuscirono con quell’album ad entrare in modo naturale nell’immaginario di una moltitudine di ultras legati all’heavy metal più tradizionale e tradizionalista, appartenenti al gruppo di quelli che mai e poi mai si soffermano solamente sui soliti volti noti.
Diversa la situazione live, ove il combo proveniente dalla Renania Settentrionale/Vestfalia da qualche tempo a questa parte ha presenziato ad happening per cultori.
In linea con lo stile delle copertine dello stesso The Enforcer e dell’Ep First Strike, sempre del 1984, anche quest’ultimo Metal Bridge, licenziato per la Pure Steel Records, si avvale del misterioso personaggio armato di mannaia, simbolo stesso degli uomini di Düsseldorf.
Accanto al fondatore e unico superstite della prima line-up Jörg Juraschek (basso e voce), i Warrant 2014 schierano Dirk Preylowski alla chitarra e Thomas Rosemann alla batteria.
Warrant erano e Warrant rimangono – dubbi, invero, potevano essercene pochi – sin da Asylum, posta appena dopo l’Intro di rito. Fa particolarmente piacere rimarcare che la grana della carta vetrata che ricopre l’ugola d’acciaio di Jörg Juraschek sia rimasta livelli di prestigio, fornendo una prova in linea con quella di trent’anni fa, ovviamente con qualche inevitabile e fisiologica differenza, data dall’impietoso scorrere del tempo. Quello che conta, alla fine, è risultare presentabili e il buon Herr Juraschek lo è, eccome! Basta una rasoiata epica come All the King Horses per rendersi conto di quanto sappia ancora affondare il leader degli Warrant! Non di sole bordate di furia cieca vive però Metal Bridge: Come and Get It e Blood in the Sky raffigurano gli ideali pezzi da batti e ribatti con il pubblico in sede live, così come Don’t Get Mad Get Even possiede il tipico refrain che entra in testa da subito e che ronza poi in sottofondo per tutto il giorno. Le due vecchie glorie Ordeal of Death e The Enforcer, facenti parte del passato illustre degli Warrant, qui proposte completamente risuonate dalla nuova formazione, si incastrano senza alcun problema all’interno dell’impianto componente Metal Bridge, all’insegna dell’integrità. Va comunque sottolineato che la vera magia rimane racchiusa nelle versioni primigenie del 1984.
Se proprio in questo periodo, nel 1989 crollava il Muro di Berlino, con quest’ultimo full length i tre Panzer della Germania Ovest ne erigono uno tutto d’un pezzo con il suono possente delle Loro quindici schegge metalliche. Nessuna redenzione, nessuna chiave stilistica alternativa, doppia cassa, velocità sostenute, chitarrone belle piene e attitudine metallica al 110%… solo acciaio durissimo e veloce in mezzo ai denti per un’ora abbondante di durata, a costituire la cifra stilistica di un album targato 2014 degno successore di un gioiello del passato quale The Enforcer. Cosa per nulla scontata, sia chiaro, in un’epoca nel quale fanno molto più rumore i ritorni eccellenti delle new sensation di turno!
Metal Bridge: album-mazzata con produzione-mazzata!
Willkommen zurück, Warrant!
Stefano “Steven Rich” Ricetti