Recensione: Metal City Live
A dream become reality, questo è il titolo più adeguato per descrivere l’esibizione degli storici Vanexa, attesissima da tutti gli amanti della NWOIHM. Il mondo dell’heavy metal è magico e talvolta foriero di miracoli. Vedere Syl Bottari troneggiare dietro la batteria di fronte a una folla urlante riporta al leggendario Festival di Certaldo, quando i savonesi condivisero l’headlining con i Death SS, anno domini 1983. I Vanexa 2009, oltre al drummer, schierano l’altro pilastro Sergio Pagnacco al basso, il fenomeno che non ha bisogno di presentazioni Rob Tyrant dietro al microfono – proprio con Loro mosse i primi passi, ai tempi di Against The Sun nel 1994 – e la possente, inedita, coppia d’asce Artan “Tani” Selishta/Alex Graziano. Le milestone si susseguono, sul palco di Argelato: I Wanna See Fires, Night Rain On The Ruins, One Thousand Nights sono mazzate figlie di un HM antico ma ancora tremendamente attuale che urlava vendetta da troppi anni.
Per molti sembrerà incredibile, data la prestazione e la potenza di fuoco profusa, ma il batterista ha per tutto il concerto utilizzato la vecchia tecnica di suonare con una cassa sola, adoperandola come “doppia”, rifacendosi cioè alla tradizione dell’esordio “Vanexa”, quando per motivi economici la seconda costituiva una chimera. L’audience risponde alla grande e la prova dei Nostri è da incorniciare: gli straclassici Metal City Rockers e Rainbow In The Night chiudono un concerto surreale, imperdibile ed intensissimo che resterà per sempre nella storia. Vanexa is back!
Questo quanto scritto a proposito dell’esibizione dei Vanexa durante l’esibizione al festival Play It Loud nella sua terza edizione svoltasi in quel di Argelato (Bologna), il 28 febbraio 2009 e non 2008, come scritto nel libretto accompagnatorio al Cd.
A dream become reality, appunto, esattamente come la sensazione di possedere fisicamente quei suoni, immortalati per sempre nel nuovo capitolo Metal City Live, album dal vivo dei savonesi disponibile sul mercato sotto l’egida della My Graveyard Productions, che ripropone quel magico concerto.
In The Shadow of the Cross funge da riscaldamento, un po’ come quando si affilano le armi prima della battaglia, che inizia, di fatto, con il primo di una lunga serie di classiconi NWOIHM, nella fattispecie I Wanna See Fires, tanto per far capire come mai l’intellighenzia metallica dei tempi d’oro definì la Vanessa Nazionale come la migliore risposta italiana allo strapotere albionico degli Stallions Of the Highway Saxon.
La bontà e onestà di Metal City Live è testimoniata dall’intervento testuale del singer Roberto “Rob Tyrant” Tiranti sul finire del brano, esattamente come in quel tardo pomeriggio ad Argelato, senza tagli né taroccate di sorta.
Midnight Wolves permette ai presenti di saggiare sulle gengive il bombardamento tellurico di sua maestà Silvano “Syl” Bottari, dall’alto del suo drum kit, così come i duelli all’ascia bianca di Selishta e Graziano.
Passano Hanged Man e Against the Sun, poi è la volta di un poker siderurgico tricolore che teme pochi confronti con chiunque. Un quartetto letteralmente da Storia del Metallo, ipoteticamente da insegnare nelle scuole ai nuovi virgulti dediti alle sonorità figlie degeneri della guerra dei watt: l’epica allo iodio ligure di Night Rain on the Ruins, il grandioso fuori giri di One Thousand Nights, l’inno Metal City Rockers e l’eroica certificata di Rainbow in the Night a chiudere il ritorno dei Vanexa sulla scena HM dopo quindici anni circa di fermo.
Metal City Live possiede una resa sonora sufficiente, di certo non mirabolante, che rende solo parzialmente giustizia alla “botta” di HM che i Vanexa sanno sprigionare sulle assi di un palco. E’ comunque accettabile per cotanto come-back e fornisce onorata cornice al ribollire della batteria di Syl Bottari. Stesso trattamento per la voce di Tiranti e la coppia di chitarre “Tani” Selishta/Alex Graziano. Non sempre il basso di Sergio Pagnacco, temibile strumento assimilabile al micidiale quattro corde di Lemmy Kilmister dei Motorhead, risulta evidenziato a dovere, ma è anche vero che non si può avere tutto dalla vita, tenendo conto che i mezzi con i quali si opera non sono paragonabili a quelli utilizzati dai Judas Priest, ad esempio.
Al di là di questo, la cosa stupefacente di questo disco risiede nel fatto di poter nettamente riconoscere la propria voce, per chi c’era, all’interno dei vari Osanna di incitamento alla band. Altro fiore all’occhiello, per un album dal vivo, essere accompagnato da un booklet di sedici pagine con tutti i testi. Destino avverso, come da tradizione Vanexa, al brano Rainbow In The Night, riportato erroneamente, nell’ultima pagina del libretto, come Rainbow In The Dark. Evidentemente l’alone di Ronnie James Dio avrà illuminato – o offuscato, a seconda dei punti di vista – Giuliano Mazzardi e i savonesi, in quel momento. La storia si ripete, insomma, basti sapere che lo stesso pezzo, nel retro dell’Lp di esordio del 1983, apparve come Raimbow In The Night. Idiosincrasia, quindi, frammista a piccoli e simpatici errori che fanno parte del Dna dell’heavy metal italiano, sulla falsariga di Bonzagni, cognome di Luca, ex singer dei Crying Steel, il più “strafalcionizzato” dello Stivale.
Metal City Live e Vanexa: 100% HM italiano Docg.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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Tracklist:
01. In The Shadow Of The Cross
02. I Wanna See Fires
03. Midnight Wolves
04. Hanged Man
05. Against The Sun
06. Night Rain On The Ruins
07. One Thousend Nights
08. Metal City Rockers
09. Rainbow In The Night
Line-up:
Artan Selishta : Guitar
Alex Graziano : Guitar
Sergio Pagnacco : Bass
Roberto Tiranti : Vocals
Silvano Bottari : Drums