Recensione: Metal for Afrikaans vol. I,V
Cadeva l’ormai lontano 1980 quando l’allora giovane Sanctuary Records lanciava una compilation in due volumi destinata a segnare per sempre l’evoluzione della musica pesante. Trent’anni dopo, il metallo attraversa quello che forse può considerarsi il momento più difficile della sua storia dall’avvento della plastica. Stritolato dalle avide spire del music business, martoriato da mammalucchi modernisti e modaioli, contraffatto da poseurs autentici come una banconota da sei euro, subissato da produzioni posticcie e stereotipate, annichilito da furbastri e parassiti senz’arte né parte, orfano della guida dei grandi del passato, disperatamente langue in attesa di un nuovo messia. Ma una nuova speranza è nata nel profondo dell’Africa Nera, nel segno di una sacra alleanza fra un visionario produttore nostrano e gli indiscussi leader della scena botswanes… botswanic… botswanian… del Botswana.
‘Metal For Afrikaans vol. I,V’ è una raccolta senza precedenti realizzata dalla Lord Pork Porductions&stuff con la collaborazione degli ex-uKhahlamba Kulduro Mutonbu e Brisafer “Dalpu G.” Natt. Il prezioso vinile, già disponibile nei migliori music-store di Gaborone, è stato realizzato in 667 copie e mezza, numerate a piede e rilegate in pelle umana. Secondo le prime indiscrezioni, inoltre, una copia su cinque conterrà i virus di una rara malattia venerea (NB: il gadget non era inizialmente previsto nei piani dell’etichetta, ma le difficili condizioni ambientali nel sito di packaging hanno prodotto la contaminazione del case, che ora può diffondere il contagio per via aerea). Per sopravvivere – letteralmente – all’ascolto, la Lord Pork Productions&stuff offre a 50 fortunati acquirenti la possibilità di assicurarsi la maschera a gas ufficiale di uKhahlamba. Chi ambisse a far suo il simpatico gadget avrà solo da rispondere a questo semplice quesito e urlare forte la soluzione nello scarico del water più vicino:
Di che morte è morto suonatore di kazoo, gran corno e urla femminili di formazione originale di uKhahlamba, Hakuna P.? Ciao Kulduro.
a. Mangiato serpente a sonagli vivo
b. Divorato da squalo in piscina
c. Scommesso di prosciugare fiume Okuvangu bevendolo (e perso).
d. Non morto, ma rapito da alieni
Ma ciancio alle bande, siamo qui per parlare di musica e perdinci parliamone. L’onore di aprire le danze tocca ai Mutonbu Cospïracy, nuovo progetto dei fratelli Mutonbu dopo l’improvviso scioglimento degli uKhahlamba (di cui abbiamo parlato nell’intervista con Kulduro). La traccia unisce l’attitudine sperimentale e avanguardistica di ‘Ke bidiwa Armageddon’ (I am Armageddon) con l’irruenza selvaggia e primordiale di ‘Okuvangu Tulupulu’ (Okuvangu’s Fury), in un climax di pura violenza violenta come un attacco di diarrea fulminante ma non altrettanto odoroso. A seguire un classico, proprio la title-track dello storico demo d’esordio degli uKhahlamba, eseguita a velocità quadruplicata dai promettenti GA KE BATLE (DO NOT WANT), la cover band che fece credere a Herman Li dei Dragonforce di suonare in un gruppo doom. Si consiglia di tenere l’ascolto di questo pezzo per ultimo, perché l’accelerazione finale potrebbe causare la fusione della puntina e la deflagrazione del giradischi.
Segue il nuovo progetto di Takabal Mutonbu: Takabal Jazz Trio. Non lasciatevi ingannare dal moniker perché il jazz non c’entra proprio niente. ‘Ogrish Pinzimonium’ propone un vegetarian grindgore dalle forti tinte orchestrali, crudo, violentissimo e senza compromessi. Colpisce in particolare la brutalità delle liriche, che descrivono con dovizia di dettagli la truculenta fine di un cesto di verdura: nei taglienti riff di violino si possono quasi sentire le grida di dolore delle carote grattugiate, la lenta agonia di una melanzana squartata e persino l’ultimo rantolo delle patate bollite vive.
Il secondo pezzo solsita sull’album è ‘Tempesta di malloreddu’, dal batterista degli uKhahlamba Barsanufio Cinquegranella (vero nome di Brisafer “Dalpu G.” Natt). Dopo un’introduzione a cappella a cura di un coro di tenori si scatena la furia incontrollata della cetra e del triangolo, accompagnati da urla e improperi in un idioma sconosciuto. Decisamente un brano sperimentale. Si torna su un rock blues più canonico e festaiolo con ‘Pork n’ Roll All Nite’, celebre rifacimento della sigla del documentario storico-fantascientifico d’animazione western anni ’80 ‘Le meravigliose e contrubanti peripezie del Distinto Signor Porco e dei suoi amici’, con partecipazione straordinaria di Lord Pork in persona.
Spazio poi alle nuove proposte. Tocca agli Anuby, band di beduini del Sahara che presentano una canzone popolare sulla bellezza e la magia del deserto dal titolo ‘Ke tshwerwe ke lenyora’ (Ho sete). Pezzo interessante con idee da sviluppare. Si procede con la breve ‘SS(S)’ di Dijo Tse Di Monate (il cibo era buono), brano ambient strumentale politicamente impegnato. Si possono sentire ruggiti di leone e il pianto di una gazzella, con strazianti grida umane sullo sfondo: una chiara metafora della barbarie che i forti perpetrano contro i deboli. Segue quello che forse è la traccia più controversa del lotto, ‘parentesi trattino o trattino parentesi’ degli Otto Uguale Di. La sontuosa introduzione di theremin viene ahimè guastata da un riff brutto come un Natale senza regali, mentre il silenzio di trentatre secondi (provocatoriamente?) inserito al posto del ritornello è forse troppo sperimentale anche per questo sperimentalissimo progetto. Le cose vanno decisamente meglio con ‘Early Demo’, una vecchia demo dall’omonimo titolo della band che diede vita agli uKhahlamba. Siamo sicuri che si tratti di un pezzo bellissimo, ma a causa della cattiva qualità di registrazione viene riprodotto solo un lungo ronzio, per cui tocca fidarci.
Chiude le danze una chicca senza pari: una rarissima registrazione dell’unica traccia dell’unica data dal vivo degli uKhahlamba, la celeberrima misspelled cover di ‘Pleasure Slave’. A rendere ancora più eccezionale la performace è la presenza straordinaria nonché postuma di Hakuna P., appositamente evocato dal mondo dei morti dallo sciamano del villaggio e autore di una magistrale performance al kazoo e urla di donna. Proprio un bel modo per offrire l’estremo saluto al suo pubblico.
Termina qui questo viaggio nel metal di domani. I fortunati che hanno già una copia del vinile e che sono sopravvissuti all’ascolto, al contagio e all’esplosione del giradischi possono dire “io c’ero”, e fra qualche anno, quando racconteranno ai nipotini dove è nata la musica del futuro, potranno esibire questa splendida raccolta, da custodire gelosamente in camera iperbarica.
Grazie Botswana, grazie uKhahlamba!
Angelo Angelini
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Tracklist:
1. Mutonbu Cospïracy – Sardonic Zulu Warrior
2. GA KE BATLE – Okuvangu Tulupulu (uKhahlamba cover)
3. Takabal Jazz Trio – Ogrish Pinzimonium
4. Barsanufio Cinquegranella – Tempesta di malloreddu
5. Lord Pork Space Jamming Band – Pork n’ Roll All Nite (Lord Pork: lyrics, mixing and awesomeness)
6. Anuby – Ke tshwerwe ke lenyora
7. Dijo tse di monate – SS(S) – Suoni di Savana (Sperimento)
8. 8=D – (_o_)
9. Ferdal P.E.P. – early demo
10. uKhahlamba – Woman Be My Slave (live at Nuova Luxor)