Recensione: Metal Health
La nascita dei Quiet Riot è il prodotto della forte amicizia di tre musicisti: Randy Rhoads, Kelly Garny e Kevin DuBrou. Randy e Kelly si conoscevano già dai tempi della scuola e avevano avuto modo di suonare insieme ai tempi del college (siamo intorno ai primi anni 70). L’incontro con Kevin avvenne più tardi, nel momento in cui Randy e Kelly decisero che era venuto il momento di dare una decisa svolta alla loro carriera musicale (intorno al 1975). Un amico comune fece sì che quest’incontro avvenisse e, dopo una semplice telefonata, i tre si ritrovarono in casa di Kevin per visionare alcune videocassette contenenti alcune esibizioni “live” del cantante (Kevin appunto) insieme alla sua band, The Dickies. Pochi giorni dopo Randy e Kevin si misero al lavoro per scrivere musica insieme e, dopo l’ingresso nella band del batterista Drew Forsyth, nacquero così i Quiet Riot. Questa formazione riuscì, dopo un periodo fortunato fatto d’esibizioni nei vari locali di Los Angeles ricche di buoni riscontri (in alcuni shows come spalla ai Van Halen), a procurarsi un buon contratto discografico con la CBS/Sony. Grazie a questo contratto i Quiet Riot poterono registrare ben due Lp (“Quiet Riot I” e “Quiet Riot II”). Da questo momento in poi le cose cominciano a non andare molto bene per la band, il cui nucleo storico comincia ad avere problemi nel momento in cui Randy Rhoads decide di partecipare alle audizioni indette da Ozzy Osbourne che, uscito dai Black Sabbath, stava mettendo su una band tutta sua. I rapporti tra Randy e gli altri membri dei Quiet Riot, in ogni caso, non si rompono definitivamente dato che per questi ultimi Randy aveva cominciato a scrivere musica per un altro album. Nel 1982 la travolgente carriera del giovane chitarrista s’interrompe tragicamente a causa di un incidente aereo di cui rimane vittima insieme con alcuni road crew. Questa tragedia segna il destino sia di Ozzy Osbourne (che intento aveva avuto modo di registrare insieme al talentuoso chitarrista due album “storici”come “Blizzard of Ozz” e “Diary of a Madman”) che dei Quiet Riot. Questi ultimi, decidono di rimettersi al lavoro dopo un temporaneo scioglimento del gruppo per scrivere nuovi brani per un nuovo disco. Nacque così “Metal Health”, album che uscì nel 1983 e che balzò in testa alle classifiche (vendendo circa un milione di copie) e fece onorare la band del primo disco di platino della loro carriera (a onor di cronaca questo fu uno dei rari casi nei quali una heavy metal band riuscì a guadagnarsi il disco di platino). Il disco uscì sotto la Pasha Records con la seguente line up: Kevin Dubrow (vocals), Carlos Cavazo (guitars, backing vocals), Frankie Banali (drums, backing vocals), Rudy Sarzo (bass, backing vocals).
“Metal Health”, disco che qui recensiamo, è un disco diretto e stilisticamente “heavy” per l’impostazione generale delle songs ivi contenute (segnando una svolta rispetto ai due dischi precedenti, incentrati su uno stile più marcatamente hard rock). L’immagine ritratta nella copertina di questo platter, poi, è eloquente a tal proposito: un uomo con tanto di maschera alla “hannibal the cannibal” e immobilizzato da una camicia di forza. Partiamo, dunque, con l’analisi del disco.
Song d’apertura è proprio la title-track, “Metal Health” (in versione singolo ribattezzata “Bang Your Head”). Il riff portante di questo pezzo è semplice e diretto, supportato da una sezione ritmica “corposa”. Alla voce Kevin dimostra doti d’interprete degne di nota, dimostrandosi buon “trascinatore” nel piacevole refrain (che sembra fatto apposta per essere cantato in coro durante un concerto). La seguente “Cum on feel the noize”, cover degli Slade (dall’album “Sladest” del 1973), è un brano vivace nel riffing e con le vocals di DuBrow molto graffianti. Dell’originale viene rispettata la struttura base, anche se in chiave più heavy-rock. “Don’t wanna let you go” è una classica ballad stile hard rock, costruita su pochi ma qualificanti riffs sui quali le vocals di Kevin s’innestano molto bene donando ulteriore godibilità al brano.Un assolo elegante e melodico nell’impostazione, poi, non fa altro che aggiungere ulteriore pregevolezza al brano. La terza traccia di questo platter, “Slick Black Cadillac”, viene introdotta da un coro spiazzante per quanto è potente e diretto. Il brano, per la verità era già stato proposto nel precedente “Quiet Riot II” (con Randy Rhoads ancora in pianta stabile nel gruppo) ma la versione qui incisa ha un maggiore impatto sonoro in linea con la sterzata più “heavy” impressa a tutto il disco. In primo piano è una sezione ritmica potente, sulla quale si “stende” un riffing efficace e diretto. Un’intro costruita su di un arpeggio cupo e malinconico ci introduce alla seguente “Love’s a bitch”. Caratteristica di questo brano è l’alternarsi in sequenza di atmosfere cupe ad “aperture” verso un hard rock melodico, ma non per questo meno potente. In primo piano è la voce di DuBrow che inasprisce, con sufficiente padronanza delle proprie doti canore, le vocals nel refrain. “Breathless” è una cavalcata di riffs melodici e accattivanti nella quale il refrain principale, ben eseguito, è il momento migliore. Un bell’assolo, perfettamente in linea con il riff portante del brano, poi dona ulteriore pregevolezza al brano. La settima song del platter, “Run for cover”, evidenzia il lato “heavy” dei Quiet Riot con tanto di riffoni sparati l’uno dietro l’altro fino all’irrompere di un assolo veloce e ben eseguito. L’assolo “Battle Axe”, ottava traccia di questo “Metal Health”, si potrebbe considerare un omaggio al membro originario della band (nonché chitarrista di talento) Randy Rhoads. Volgendo alla fine, l’album ci regala un altro momento “heavy” con “Let’s get crazy”. Il riff portante del brano, sostenuto da una sezione ritmica leggermente cadenzata, è quasi martellante e trova un momento “d’apertura” quando vi si inserisce l’assolo.
Il disco si chiude con “Thunderbird”, song scritta in omaggio a Randy Rhoads. La track, per quanto cerchi di “volare alto” con l’ausilio di melodie struggenti, purtroppo non riesce a “decollare” lasciando un po’ l’amaro in bocca per l’eccessiva retorica del refrain che non riesce a spezzare la noia nell’ascoltatore.
Concludendo possiamo affermare che questo disco è un buon lavoro che segna uno spartiacque tra la “vecchia” band, dedita ad un hard rock melodico ma efficace, ed una tutta nuova che cerca di affiancare alle proprie origini musicali un’attitudine “metal” discretamente assimilata.
1)Metal Health (Bang Your Head)
2)Cum On Feel The Noize
3)Don’t Wanna Let You Go
4)Slick Black Cadillac
5)Love’s A Bitch
6)Breathless
7)Run For Cover
8)Battle Axe
9)Let’s Get Crazy
10)Thunderbird