Recensione: Metal! Live In Bahrain VOL.2
Il celebre film di Paolo Sorrentino La Grande Bellezza, uscito nel lontano 2013, ha raccolto a suo tempo parecchi consensi e altrettante critiche. Come tante valide opere d’arte, un po’ come succede per qualunque disco dei Manowar, il film ha generato accesi dibattiti dividendo il pubblico in due categorie: per molto tempo infatti sono volati innumerevoli stracci tra i difensori a spada tratta della pellicola e i detrattori inferociti, tra i quali ricordo alcuni critici secondo cui l’aggettivo ‘brutto’ non era nemmeno lontanamente sufficiente ad esprimere la loro indignazione. Da qualunque parte della barricata vi troviate, se avete visto il film forse ricorderete uno dei personaggi pronunciare con irritante snobismo una frase che non ho più dimenticato: ‘Secondo me oggi l’unica scena Jazz interessante è quella etiope’. Il collegamento è presto fatto: sono sicuro che a qualcuno di voi sia capitata la scalogna di fare due chiacchere, magari durante la degustazione dell’ultimo boccale di birra post-concerto, con il classico metallaro tuttologo che, per il puro gusto di sottolineare la vostra (presunta) ignoranza, comincia a parlare dei capolavori di gruppi underground provenienti dai più reconditi angoli del pianeta solo per farvi ammettere che non ne avete mai sentito parlare. Implacabilmente, resosi conto della sua momentanea superiorità, il tuttologo inizia a guardarvi dall’alto in basso, come se il fatto di non conoscere a menadito, tanto per fare un esempio, la rigogliosa scena Black Metal del Sudest asiatico vi qualificasse come la peggior feccia sulla faccia della Terra. Ebbene, dopo tutte le volte in cui avete sognato di ripagare questi soggetti con la loro stessa moneta, eccovi serviti! Da ora in avanti potrete spiazzarli in questo modo: ‘sì, certo, nelle Filippine e nel Vietnam la scena è fiorente, ma vuoi mettere la vitalità del Metal nel Regno del Bahrain?’. La risposta più probabile, sempre che il vostro interlocutore sappia cosa sia e dove si trovi il Bahrain, sarà un silenzio colpevole e in ogni caso comprensibile: devo confessare che fino a ieri non riuscivo ad associare il Bahrain a null’altro se non al famoso Gran Premio del Bahrain, come se questo nobile Regno esistesse esclusivamente per far correre i piloti di Formula 1 in mezzo al deserto. Fortunatamente la compilation oggetto di questo articolo mi ha risvegliato dalla sonnolenta ignoranza nella quale vivevo fino a pochi giorni fa: la travagliata storia del Bahrain, tra conflitti interni, rivolte e repressioni, conquiste e riconquiste, meriterebbe molto più di un semplice accenno in questa recensione. Basti sapere che, come gradito effetto collaterale dovuto al fermento politico e sociale, si è venuta a formare una scena metallara di tutto rispetto, come testimonia “Metal! Live In Bahrain Vol.2”. L’album, pubblicato nel mese di Maggio 2021, raccoglie 17 brani di quattro gruppi originari del piccolo Regno insulare; le tracce sono state registrate in sede live e mixate da Hani Taqi dello Studio 77 Bahrain. Il prodotto finale mostra come il lavoro di produzione sia stato svolto con assoluta perizia e molta dedizione, tanto da far quasi dimenticare che si tratta di registrazioni in presa diretta: l’aspetto che si evidenzia fin da subito infatti è la buona qualità della riproduzione dei suoni, che ovviamente riflette un alto livello nella preparazione tecnica di tutti i musicisti coinvolti. Per dirla in maniera professionale, questi ragazzi dal vivo spaccano. Andiamo a conoscerli:
Hellionight: un power trio che ci regala un’efficace mistura di Speed e blackened Thrash, con un pizzico di Death Metal a infarcire il tutto. Lo stile del gruppo è povero di fronzoli e ricco di una genuina rabbia sulfurea, capace di richiamare sia i Metallica di “Kill ‘em All” che certi lavori di Motorhead e Venom. Gli Hellionight, per amor di cronaca, sono un side-project di Omar Zainal, chitarrista della band Black Metal Smouldering In Forgotten, ospitata tra l’altro nel primo volume della serie “Metal! Live In Bahrain” uscito nel mese di Dicembre del 2019.
Ryth: nati nel 2008 come Rain In Hell, la loro attività evidentemente è conosciuta e apprezzata dal pubblico da molto tempo, tanto da spingere il cantante a presentare il gruppo al pubblico usando il vecchio monicker nella sesta traccia della compilation. Il quartetto delizia i palati più esigenti con un Technical Death Metal infarcito di elementi Progressive, riuscendo in qualche modo ad arricchire l’assalto sonoro tipico di gruppi come i Dismember con sonorità introspettive caratteristiche di certi lavori degli Opeth; è prevista l’uscita di un loro album a fine 2021.
Lunacyst: attivi nel Regno del Bahrain dal 2009, pubblicano il loro album di debutto nel 2019. Il combo, autore di un infuriato Death Metal suonato con buona tecnica, sa essere molto diretto, come ben dimostrato dalle quattro canzoni presenti nella compilation. Le tracce prendono le mosse dalla classica aggressività dei Cannibal Corpse fino ad arrivare a sonorità più moderne in pieno stile Cattle Decapitation, con più di una scivolata in territorio groove: stupiscono in questo senso gli ultimi inaspettati 2 minuti di “Plague Of Tyranny”, terzo brano della raccolta.
Necrosin: giovanissimi, nati nel 2019, prevedono la pubblicazione di un album tra Dicembre 2021 e Gennaio 2022. Giovani sì, ma il loro sguardo si rivolge al passato: il trio produce un massiccio Death Metal di stampo classico che più classico non si può. I Necrosin hanno evidentemente assimilato la lezione dei deathsters di fine anni ’80: tanto per fare i primi tre esempi che mi vengono in mente, sono evidenti le influenze dei Death di “Scream Bloody Gore”, degli Autopsy di “Severed Survival” e dei Pestilence di “Consuming Impulse”. La proposta musicale dei Necrosin non ha nulla da invidiare a certi nomi altisonanti: si consiglia pertanto l’assimilazione delle canzoni dei Necrosin ad altissimo volume, meglio se in piena estate e con tutte le porte e le finestre di casa ben spalancate. Aggiungiamo un paio di punti bonus ai Necrosin perché i 3 brani ospitati in “Metal! Live In Bahrain Vol.2” rappresentano la loro prima registrazione professionale.
Come completamento a quanto scritto finora, ricordo che sul canale YouTube dello Studio 77 Bahrain è possibile guardare la registrazione video di molti brani presenti nella compilation e fruire di alcune interviste alle bands coinvolte, così da poter approfondire la conoscenza di questo fervido sottobosco musicale. Dedico pertanto questa recensione a tutti i pigroni che, come il sottoscritto d’altronde, finora si sono accontentati di ascoltare musica prodotta quasi esclusivamente nel cosiddetto mondo occidentale. Questa sciagurata staticità, causata da una micidiale combinazione di poltroneria e distrazione, è stata scacciata con giusta furia da letali bordate di ottimo Metal estremo mediorientale: di docce fredde come questa ce ne vorrebbe almeno una ogni mese…buon ascolto a tutti!