Recensione: Metal Martyrs (Anthology 2000 – 2009)
Se il valore delle band si giudicasse dalle copertine prodotte, gli australiani Raven Black Night entrerebbero di diritto nella top heavy metal 50 di tutti i tempi. E non mi riferisco alla sola cover di questo Metal Martyrs (Anthology 2000-2009), oggetto della recensione, ma ad esempio a Choose the Dark, True Metal Warriors e Lips of Desire.
La sempre attenta label inglese Blood and Iron Records ripropone, nella consueta formula straconsolidata – booklet curatissimo carico di informazioni e foto – poi quanti più pezzi a riempire lo spazio fisico di due Cd così da fornire il quadro più completo possibile di una parabola artistica, il periodo dei Raven Black Night antecedente al disco che realizzarono con la Metal Blade (Barbarian Winter, del 2013). In soldoni, Metal Martyrs (Anthology 2000-2009) racchiude: l’album del 2004 Choose the Dark, due tracce estratte da compilation, un pezzo inedito da Barbarian Winter per quanto afferente il primo dischetto ottico. Il secondo Cd abbraccia invece canzoni estratte totalmente da demo del passato, appartenenti al lasso temporaneo ricompreso fra il 2000 e il 2009.
Che i Raven Black Night non fossero propriamente dei “fulmini di guerra”, per usare un eufemismo, già lo si sapeva. La terra dei canguri ha partorito band di maggior spessore, e anche questo è acclarato. Metal Martyrs (Anthology 2000-2009) non fa altro che confermare le aspettative: la loro formula chiave, così come scritto nella presentazione del prodotto dalla stessa Blood and Iron Records “gira intorno” a un Epic Metal basico, un Doom canonico e parecchi rimandi ai Judas Priest degli anni Settanta, senza possedere ovviamente la magia dei Mastri di Birmingham. Le influenze british però non si esauriscono con il combo di Glenn Tipton e soci: i Black Sabbath fanno la voce grossa per tutta la durata dell’ascolto. Il brano “Nocturnal Birth” è lì da sentire…
Jim Petkoff (chitarra, voce), detto “The White Knight” – di certo non il miglior singer sulla terra – e fedeli sodali dalla loro hanno l’attitudine – le foto con i gilet da die hard fan carichi di toppe parlano da sole così come le pose HM in sede live – ma quello che manca attraverso i solchi di Metal Martyrs (Anthology 2000-2009) in maniera evidente è un songwriting di livello. Gli innumerevoli pezzi snocciolati all’interno dei due Cd si fanno ascoltare ma nulla più, alla fine in testa e nel cuore resta poco. Certamente da apprezzare lo sforzo archeologico della Blood and Iron Records nel ricercare band di nicchia e dare loro la giusta visibilità postuma, ma qui manca proprio un bel po’ di “ciccia” per festeggiare per davvero.
Stefano “Steven Rich” Ricetti