Recensione: Metal Technology
E’ raro ma talvolta accade che una formazione nel bel mezzo del suo iter evolutivo esplori nuovi lidi musicali cambiando bruscamente genere senza nessuna avvisaglia. Nella fattispecie dopo 3 album che hanno richiamato senza infamia e senza particolare lode il power metal scandinavo più tradizionale e stereotipato, il leader indiscusso dei Winterlong, Thorbjorn, fa una brusca virata suonando tutti gli strumenti ad eccezione della batteria apportando un cambiamento di sound davvero notevole. Metal Technology è un titolo che, per una volta, ben si sposa con il contenuto decisamente metallico di base arricchito da alcuni elementi futuristi grazie all’uso dell’elettronica. Altra grande e riuscita novità è rappresentata dalla voce spigolosa e potente dello stesso Thorbjorn che sostituisce Mikael Holm. Insomma il senso di questa breve introduzione è questo: se avete sentito i primi 3 dischi dei Winterlong e non vi erano piaciuti non precludete comunque l’ascolto di Metal Technology.
Un album che svela il lato più pesante e duro del guitarist svedese; seppure non possano essere spesi aggettivi altisonanti, il risultato è senza dubbio positivo. Riff ben fatti e maledettamente potenti fin dalla grezza opener The Hunter ci circondano non lasciandoci vie di fuga. In un angolo siamo preda dell’ugola a tratti stridula “alla Rob Halford” e di elementi elettronici comunque mai troppo eccessivi. Tra alti e bassi le hit si susseguono in un continuum che scivola molto bene nel complesso. Il meglio in generale è offerto nella prima parte del disco. Le prime strofe di And So We Remember, ad esempio, non lasciano scampo grazie all’interpretazione canora assolutamente sporca e lodevole e a tempi cadenzati ben sottolineati da riff ed elettronica. Ritmi decisamente più sostenuti invece, grazie all’apporto dietro le pelli di Leif Eriksson, sostengono con forza la tempestosa Go To Hell. Tra i momenti migliori dell’intero lavoro si deve sottolineare il break di My Nevermore il quale riesce a trasformare completamente una canzone pesante, ma abbastanza banale, con una buona accelerazione, l’innesto della voce stridula e di un assolo fulmineo. In Like Ships In The Night la presenza del soprano Stella Tormaanoff fa inevitabilmente tornare alla mente i Nightwish. Il prosieguo del disco non si mantiene sugli stessi livelli nonostante mantenga la formula provata nella prima parte puntando, quindi, su un metal decisamente massiccio dotato di melodie mai eccessive, linee vocali spigolose, un buon lavoro di chitarra, un uso parsimonioso ma prezioso dell’elettronica e la predilezione verso i mid tempo. Immancabile il tributo al virtuosismo del guitar hero svedese Y. J. Malmsteen (Thorbjorn ha iniziato a suonare la chitarra proprio per emularlo) con il pezzo strumentale On A Demon’s Night.
Metal Technology è in definitiva un disco discreto, il quale svela un nuovo lato per i Winterlong. Con un netto colpo di spugna abbandonano i lidi del power metal per abbracciare un heavy metal pesante, oscuro e massiccio che offre alcuni momenti di ottima musica. Il lavoro è abbastanza omogeneo e i 40 minuti totali sono piacevoli, ben suonati e discretamente prodotti. Da ascoltare…
Top Song: The Hunter, And So We Remember, Like Ship In The Night.
Skip Song: The Touch Of Evil.
Tracklist:
1. The Hunter
2. And So We Remember
3. Go To Hell
4. My Nevermore
5. Like Ships In The Night
6. Shutting Out The World
7. On A Demon’s Night
8. The Touch Of Evil
9. Cleaning The Machine
10. Badlands.