Recensione: Metalation
Il nuovo album per i Paragon rischiava di diventare anche la loro pietra tombale. Infatti, come racconta la band stessa, gli anni che hanno preceduto questo lavoro sono stati all’insegna dell’incertezza e pieni di interrogativi.
Eppure i Paragon, dopo il precedente Controlled Demolition del 2019, erano partiti con i migliori propositi, visto che Jan Bünning e Martin Christian si erano messi subito al lavoro scrivendo nuovi pezzi ed iniziando a registrarli. Poi, la pandemia del Covid-19 ha cambiato le carte in tavola un po’ per tutti quanti, compresa la compagine tedesca che si è ritrovata con tutti gli impegni live annullati oltre a dover affrontare la defezione di alcuni membri. Una serie di eventi che avevano portato i Paragon, a prendere seriamente in considerazione l’idea di sciogliersi dopo aver pubblicato questo album. Fortunatamente, nella primavera del 2023, le cose iniziano nuovamente a girare per il verso giusto e viene a crearsi una buona sintonia tra i membri della band. Così, forti di questa rinata vigoria, i tedeschi decidono di continuare la loro corsa, ed alla fine, questo nuovo Metalation, rappresenta, in un certo senso, il disco della rinascita.
Mentre il precedente Controlled Demolition si presentava con sonorità più dure Metalation, pur mantenendo suoni massicci, mostra una maggiore apertura alla melodia. Questo, stando alle parole del combo di Amburgo, per riacquistare una certa versatilità tipica dei primi lavori.
Si inizia a pieni giri con Fighting The Fire, un classico power speed veloce con ritornello da cantare a squarciagola. Un inizio che, per quanto sia la copia carbone di cose sentite con mille altre band, mette sempre una buona dose di fiducia per iniziare l’ascolto di un nuovo disco.
Bene anche la successiva Slenderman, dove sulle note di un heavy metal alla Accept, vengono narrate le vicende del personaggio protagonista di una celebre creepypasta. Battallions è un maestoso inno epico con un ritornello che pare veramente studiato per far cantare i fans durante i concerti.
Si prende una svolta più cupa con la seguente Beyond The Horizon, un doom metal dalla ritmica ossessiva che gronda oscura epicità. Le chitarre di Martin Christian e Jan Bertram scandiscono le battute di una tetra marcia funebre, mentre la voce di Andreas “Buschi” Babuschkin si cimenta in una prova di arcigna teatralità.
Si torna a correre sulla seguente MarioNET, che con la doppia cassa martellante e le chitarre alla velocità della luce, va a toccare i 170 bpm, candidandosi così, a brano più veloce dell’album oltre che della discografia dei Paragon. Peccato solo per quel ritornello buttato lì un po’ a casaccio sul quale si sarebbe potuto lavorare meglio. Ancora velocità elevate su The Haunted House, brano granitico con i due chitarristi che si dilettano ad incrociare le loro asce a sei corde. Su Burn The Whore, i Paragon non se la prendono con lucciole ai bordi delle strade, ma con il denaro, che qua viene descritto appunto come una puttana che corrompe l’umanità e quindi meritevole di essere bruciata. Musicalmente il pazzo si muove sulle coordinate di un heavy metal massiccio con l’epicità ruvida tipica dei Grave Digger, complice anche la voce abrasiva di Babuschkin.
Metalation è una marcia epica che ha l’intento di celebrare i fans del metallo pesante con cori maestosi, chitarre come rasoi ed un interessante intermezzo acustico a metà brano. My Asylum è una power ballad dalle tinte cupe e malinconiche le quali ben si sposano con l’argomento della depressione e dell’isolamento trattati nel testo. In conclusione Hellgore, traccia che inizialmente avrebbe dovuto essere inserita nel precedente Controlled Demolition, ma poi esclusa perché ritenuta non soddisfacente. Dopo averla sistemata e dato qualche ritocco, ci viene qua presentata come una traccia al fulmicotone nuova di zecca con chitarre serrate, assoli veloci e batteria incalzante.
Con Metalation i Paragon vogliono lasciare alle spalle gli ultimi anni all’insegna dell’incertezza. Un disco potente in cui, specie nei ritornelli, si offre spazio alla melodia. Un disco coinvolgente: le idee non saranno sempre riuscite, ma comunque un prodotto genuino.
Una celebrazione del metallo puro ed incontaminato, non particolarmente geniale, ma che fa sempre piacere ascoltare.