Recensione: Metalized
Il 1986 viene declamato dai metallari di tutto il mondo come un vero anno di grazia per l’intero panorama metal, nascono infatti quei dischi che oltre ad essere dei veri capolavori sono anche dei capisaldi dell’intera evoluzione della nostra musica negli anni avvenire. I nomi che si fanno sono sempre gli stessi: Master of Puppets, Reign in Blood, Peace Sells… Among The Living (anche se in realtà è dell’87) e, perché no, Somewhere In Time. Tutti grandi dischi, realizzate da band già affermate e famose. Si sa però, che non è necessaria la fama del gruppo per trasformare un disco in mito, e il gioello di cui vi parlerò ne è la prova. Non credo di esagerare se all’importanza e alla bellezza di quei dischi aggiungiamo il debutto dei canadesi Sword. Metalized, infatti, è uno dei dischi più potenti, pesanti e belli di ogni tempo, questi 4 ragazzi ci regalano 34 minuti di pura ed entusiasmante lava metallica pronta a spazzare via qualsiasi cosa trovi sul suo cammino.
Inutile cercare di definirne le sonorità, Epic? Power? Heavy? Non importa, questo è puro acciaio. Costruito su una sezione ritmica dalla potenza clamorosa, rifinito da un guiratwork di assoluto livello e ancor più impreziosito da una prestazione vocale superba. Come si diceva batteria e basso, suonati rispettivamente da Dan Hughes e Mike Larock, creano un insieme di suoni mastodontico e estremamente potente, grazie anche ad una produzione che rende il basso ben distinguibile, non come certe produzioni moderne in cui bisogna immaginarlo… Mike Plant alla sei corde compie un lavoro eccezionale, crea una quantità di riff impressionante, un suono sempre dinamico, compatto e potente come se con la sua chitarra volesse far esplodere le nostre preziose casse; gli assoli sono davvero ottimi in cui si distingue la grande tecnica del nostro axeman, senza che il feeling e le emozioni cadano però in secondo piano. Rick Hughes (si, sono fratelli…) ha semplicemente una delle più belle voce che la storia del metal ricordi. Potente e alta, il nostro buon Rick riesce ad essere graffiante come la carta vetrata o acuto e squillante con la stessa facilità, grande l’espressività e il pathos messi in tutte la canzoni: davvero un cantante formidabile, come la tradizione degli ’80 insegna.
Il compito di aprire il disco è affidato a F.T.W. (Follow The Whell) ed è subito grande metal, una cavalcata che potrebbe essere la colonna sonora per un coast to coast in sella alla moto, canzone non troppo veloce e molto melodica, dallo splendido ritornello. Sulle stesse coordinate si piazza la successiva Children Of Heaven, anche se stavolta c’è suono più pesante e compatto. Al terzo posto della tracklist troviamo Stoned Again, canzone non molto veloce ma cadenzata e estremamente pesante, cui un lavoro di batteria davvero ottimo. Dare To Spit è un pezzo dalle sonorità oscure, caratterizzato da numerosi cambi di ritmo e una grande prestazione di tutto il gruppo, in cui si distingue Rick Hughes. Il titolo di canzone più devastante dell’intero disco va senz’altro alla successiva Outta Control, introdotta da quella che potrebbe sembrare una breve ninna nanna esplode in un pezzo velocissimo e martellante in cui il singer alterna acuti incredibile a parti molto più corpose e ruvide, mentre la sezione ritmica continua l’opera di demolizione della vostra stanza iniziata dai pezzi precedenti. The End Of The Night potrebbe tranquillamente trovate posto in un qualsiasi disco degli Iron Maiden, quindi grande melodia, ottimo lavoro di batteria, e un basso che sembra più una chitarra ritmica, e vocals semplicemente fenomenali, davvero molto bella. Fantastica la successiva Run Away, introdotta da un riff splendido si evolve in un pezzo estremamente cadenzato, che chissà quanti torcicollo ha provocato, grazie anche ad un ritornello da cantare a squarciagola. Con Where To Die, si fa una leggera incursione in territori più hard rock (sempre a stelle e strisce) il pezzo comunque non è inferiore ai precedenti, ed è contraddistinto da splendidi e brevi assoli. Assolutamente epica Stuck In Rock, con i suoi riff oscuri e potenti e con uno stupendo stacco melodico centrale, in cui gli Sword non nascondono l’amore per i Manowar. Si arriva alla fine con Evil Spell, un pezzo oscuro in cui Rick fa davvero quello che vuole, e la chitarra crea un muro insormontabile di puro metallo.
Gruppi come gli Sword hanno fatto bene all’Heavy Metal, ci hanno regalato dischi come questo, hanno creato quell’alone di leggenda attorno a se stessi e ad un certo modo di fare Metal, e non hanno raggiunto il successo… ma anche se spesso non si dice, sono stati fonte di ispirazione di molti gruppi che oggi sono osannati ovunque; è un po’ come nel ciclismo: i campioni più popolari sarebbero veramente tali senza i loro gregari? Oppure, il Milan avrebbe vinto la Coppa dei Campioni senza il buon Gattuso? Onore agli Sword quindi, e adesso andiamo a riascoltare ancora una volta Metalized.
Tracklist:
– F.T.W.
– CHILDREN OF HEAVEN
– STONED AGAIN
– DARE TO SPIT
– OUTTA CONTROL
– THE END OF THE NIGHT
– RUNAWAY
– WHERE TO HIDE
– STUCK IN ROCK
– EVIL SPELL