Recensione: Methocha
Da Wikipedia Durante il Medioevo con l’espressione Arti liberali si intendeva il curriculum di studi seguito dai chierici prima di accedere agli studi universitari. Più in generale le arti liberali erano quelle attività dove era necessario un lavoro prettamente intellettuale, a fronte delle “arti meccaniche” che richiedevano lo sforzo fisico.
Le arti liberali erano, secondo la proverbiale retorica del numero perfetto, sette. Erano a loro volta raggruppate in due gruppi, uno da tre ed uno da quattro, nell primo dei quali, detto Trivium, rientravano Grammatica, Dialettica e Retorica. Del secondo, detto Quadrivium, facevano parte Aritmetica, Geometria, Astronomia e Musica. Orbene, nel corso dei secoli le arti liberali andarono dimenticate sinché un quartetto di americani non decise di eleggere il concetto di Trivium a nome della propria band, sebbene tale gruppo avesse ben poco di retorico e soprattutto di grammatico. Nonostante ciò nel suono del gruppo si poteva notare una discreta dialettica tra le parti melodiche e quelle più ispirate a certo death metal.
Calza meglio il lemma Quadrivium, anche perché eletto a proprio monicker da una band di Ålesund dedita ad avantgarde metal esistenzialista. Avantgarde che è per definizione genere geometrico e matematico nel suo essere studiato a tavolino, si tratti dei Solfald siccome dei Borknagar. Ad ogni modo questi Quadrivium sono entità misteriosa. Non ne abbiamo una biografia, sappiamo che la line up è di svariati elementi mentre nelle foto ad apparire sono solo in tre. In ogni caso è chiaro che la band ruoti attorno al tastierista Nordvang, che nello stile ricalca le orme di tale Steinar Sverd Jonsen (il signor Arcturus). A conferma di questo un debut album, Adversus del 2008, sicuramente affascinante e di buona qualità, tuttavia estremamente derivativo, tanto da sembrare un’ulteriore rimaneggiamento, vieppiù etereo e curato, della riedizione di Aspera Hiems Symphonia, con tanto di clean vocals molto prossime al miglior Kristoffer Rygg – titolare di queste ultime è però Attila Bakos, che sin dal nome manifesta origini ungheresi.
A quattro anni di distanza i nostri ci riprovano con Methocha e subito notiamo come, durante la pausa, i Quadrivium abbiano studiato e si siano applicati in materia di Dødheimsgard e Solfald dei principi. Ne viene fuori un disco estremamente piacevole, come nel caso di Adversus, nel quale le influenze sono amalgamate assai meglio sebbene Sverd continui ad aggirarsi tra le tastiere ariose e il piano un po’retrò. Queste tastiere finiscono per incontrare suoni assai variegati e le scale vertiginose tipiche dell’avangarde di dischi come Neonism e 666 International per un risultato che stavolta è dotato di una certa quale personalità e di un gusto proprio. L’attacco immediato e potente di Methocha, opener e title track, vagamente simile a quello di Fluorescence lascia rapidamente spazio a soluzioni molto ragionate in cui sale in cattedra il cantato à la Garm, mentre la successiva Dead Syphon Focus è una meravigliosa successione di mutamenti incessanti, laddove Master of Disguise e Winter Grey si incontrano per arabescare clean vocals ora stilisticamente più vicine a quelle di Vortex in “The Archaic Course“. Ma davvero questo disco non smette mai di sorprendere in tutta la sua lunghezza, e di spunti notevoli ve n’è dovunque: dai meravigliosi riff di Eye of Mimas (forse la migliore) alle atmosfere umide ed avvolgenti della brevissima Orbital, una strumentale. I Solefald di Neonism tornano a farsi vivi nella ruvida Destroyer, pezzo rapido e abrasivo nel quale riaffiora lo scream d’apertura. Phobos Anomaly è un altro brano elaborato che ripropone idee simili a quanto sentito in in Eye of Mimas, rivelandosi un’altra autentica perla, prima di perdersi definitivamente in The Labyrinth of Infinity, passaggio più ambizioso del lotto sin dal minutaggio (10 minuti), nel quale effettivamente i nostri escono completamente dagli schemi. C’è tutto: intro bislacca e tenebrosa, break arioso dominato da scream malefici, basi marziali e incedere lento e sinistro per un risultato estenuante. Non per nulla si tratta dell’episodio in cui i nostri più che mai lasciano da partei vari mentori e finiscono per produrre qualcosa di totalmente originale,mentre la conclusiva, maestosa Blackbird Abiogenesis riconduce ad un corso decisamente più arcaico salvo divagare nuovamente tra atmosfere tetre ed anticonvenzionali. Ulteriore aspetto degno di nota i Quadrivium, pur disponendo di due cantanti, non cercano il contrasto tra growl e clean. Al contrario, in una song danno netta preponderanza alle voci urlate, nella successiva a quelle pulite.
Insomma, ne viene fuori una piccola gemma, indiscutibilmente ancora derivativa, eppure dotata di una sua identità. L’evoluzione rispetto ad Adversus risulta dunque sensibile e piacevole e non resta da augurarsi che nelle prossime uscite Nordvang e soci continuino la via di una progressiva emancipazione. Ed allo stesso modo, pur sospettando che i norvegesi non siano dotati di grandi mezzi promozionali, ci si augura che le prossime uscite non vengano intervallate da lassi di tempo egualmente lunghi.
Tiziano Vlkodlak Marasco
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Formazione
Erlend Nordvang Antonssend – Keyboards
Svein-Ivar Decepticon Sarassen – Bass
Étienne Gallo – Drums
Thor Aksel Thraxl Eriksen – Guitars
Attila Bakos – Clean Vocals
Leif Johan Strode Godø – Raw Vocals
Lars “Leiðólfr” Jensen – Vocals
Tracklist
1. Methocha
2. Dead Syphon Focus
3. Eyes of Mimas
4. Orbital
5. Destroyer
6. Phobos Anomaly
7. The Labyrinth of Infinity
8. Blackbird Abiogenesis