Recensione: Miasma
Scontati, derivativi, troppo leggeri per essere accettati dai fan del death intransigente, troppo pesanti per godere dell’apprezzamento di coloro che amano le sonorità -core. Se ne sono dette di ogni a carico dei The Black Dahlia Murder, ma intanto la band di Detroit si è ritagliata un suo spazio nella scena e non solo, divenendo un punto di riferimento per tutti coloro che, senza schierarsi pubblicamente dalla loro parte, semplicemente li ascoltano in quanto amano la “Musica potente” (Repubblica.it docet). Ma è forse proprio in virtù di questo loro galleggiare tra una scena e l’altra senza rientrare appieno in nessuna che essi sono riusciti ad espandersi alla chetichella dentro a tutte, guadagnandosi nel frattempo l’apprezzamento di gente come Sven De Caluwe (Aborted) e headlining in tour con band come Vader, Cryptopsy, Despised Icon, Cephalic Carnage e Psycroptic sotto di loro a fare da act di apertura. Che dire allora? Forse è meglio parlare della musica.
Miasma è un disco che non inventa niente: riffing mononota, blastbeat, voce che si giostra tra i vari registri senza privilegiarne alcuno e sezioni estese in tremolo picking a fornire un po’ di atmosfera. Il fatto però è che se elencati in maniera staccata l’uno dall’altro questi elementi suonano scontati e sentiti mille volte, ma messi assieme formano una commistione del tutto nuova che prende il primigenio sound di Goteborg e lo appesantisce senza però togliergli quel tasso di melodia che lo ha da sempre contraddistinto. Le canzoni sono assai più sature di suono, procedono spedite e mortali senza fermarsi un attimo mentre la batteria si giostra tra doppia cassa a velocità paragonabili a quelle di un certo power metal e blastbeats che accompagnano le urla del cantante Trevor Strnad in aperture che hanno dell’esplosivo e del maestoso allo stesso tempo. Idee prese pari da Carcass e At the Gates dunque, ma arrangiate in maniera completamente nuova e con un occhio di riguardo al brutal, soprattutto per quanto riguarda la sezione ritmica. E allora ecco arrivare canzoni come Flies e Statutory Rape che, nel loro moto perpetuo senza un rallentamento, senza un momento di sosta, si ritagliano un posto di riguardo negli albi del death e scatenano l’amore smisurato di centinaia di fans in tutto il mondo, oppure cavalcate come Miscarriage, in cui il pattern sedicesimi con legatura sulla seconda nota di ogni quartina può essere oramai abusatissimo in altri generi, ma in questi contesti risulta una novità.
E’ chiaro naturalmente, i The Black Dahlia Murder nella loro carriera si sono giovati dell’esteso periodo di latitanza dei già citati Carcass e At The Gates (che si sono riuniti solo di recente) e si sono buttati a capofitto nel buco lasciato da essi, riprendendo il loro sound e ammodernandolo, mettendolo così al passo sia delle tendenze -core (senza breakdown però) che delle recenti evoluzioni statunitensi per quanto riguarda il death metal. Ciò non toglie che essi siano riusciti a comporre ottima musica, musica che, dopo un primo periodo di evoluzione esplicitato in Unhallowed, ha raggiunto in questo Miasma la sua piena maturità. E dunque premiamo questa band come merita, senza però esaltarla oltre misura, sarà la storia a dire chi rimarrà nella memoria dei fans e chi si dissolverà senza lasciare traccia.
Tracklist:
1- Built For Sin
2- I’m Charming
3- Flies
4- Statutory Rape
5- A Vulgar Picture
6- Novelty Cross
7- Vice Campaign
8- Miscarriage
9- Spite Suicide
10- Miasma