Recensione: Min Tid Skal Komme

Di Emanuele Calderone - 17 Giugno 2010 - 0:00
Min Tid Skal Komme
Band: Fleurety
Etichetta:
Genere:
Anno: 1995
Nazione:
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93

E’ il lontano 1991 quando, in Norvegia, nasce uno dei più importanti gruppi avantgarde di sempre: i Fleurety. Nonostante il nome possa suonare nuovo a molti, la band di Ytre Enebakk è da considerare, per l’influenza avuta, una delle realtà migliori della scena.

Il progetto ruota attorno alle figure di Alexander Nordgaren (chitarra e voce) e di Svein Egil Hatlevik (batteria, sintetizzatore, voce), già in forza con i Dodheimsgard, gli Aphrodisiac e gli Umoral.
Il primo disco nato sotto il moniker Fleurety vede la luce nel 1995 ed è intitolato “Min Tid Skal Komme”. Alla realizzazione partecipano anche Per Amund Solberg al basso e Marian Aas Hansen come seconda voce.

“Min Tid Skal Komme” si rivela, sin dal primo ascolto, un vero e proprio capolavoro di metal sperimentale. Il combo riesce a dar vita ad un full-length in cui black metal, progressive e jazz convivono in perfetta armonia. Il platter si mostra complesso e ben strutturato, con canzoni articolate e convincenti: le dinamiche dei pezzi, estremamente varie, rendono l’ascolto interessante ed appassionante.
L’album viene introdotto dai nove minuti di “Fragmenter Av En Fortid”, durante i quali si scorgono i tratti caratterizzanti della musica del quartetto. Il brano presenta al suo interno continue variazioni tra momenti in cui è il black di scuola Satyricon ad emergere ed altri di più ampio respiro nei quali l’anima progressiva e melodica viene fuori con prepotenza, dando vita ad un organico ben definito e di indubbio fascino. Riffs serrati ed affilati come lame si alternano a momenti in cui è l’influenza free jazz a farla da padrona. Stesso dicasi per le ritmiche che seguono il guitar work nei continui cambi.
Vocalmente il pezzo è diviso tra il feroce ed acido screaming di Nordgaren e le soavi vocals della Hansen, dotata di una cromatura vocale ampia ed in grado di passare da tonalità medio-basse ad altre molto più acute con facilità.
Procedendo si nota come le canzoni, pur seguendo generalmente lo schema dell’opener, presentino tutte delle caratteristiche ben definite che rendono ogni episodio unico ed irripetibile. Risulta pertanto impossibile non rimanere affascinati dalla raffinata crudezza di una traccia come “En Skikkelse I Horisonten”, ancorata in maniera salda al black metal scandinavo dei primi anni ’90, o ancora dal raffinato estremismo di “Hvilelos?”.
Due parole in più le vorremmo dedicare alla conclusiva “Fragmenter Av En Fremtid”, che con i suoi 5 minuti e 37 secondi suona come un vero e proprio tributo al progressive d’annata. I Fleurety giocano questa volta con linee di chitarra pulite e ritmi meno esasperati rispetto ai precedenti episodi. Le linee vocali, affidate a Marian Aas Hansen, si muovono perfettamente sulle delicate e soavi melodie tessute dai tre musicisti con un risultato che lascia di stucco.

Quasi superfluo, ma comunque doveroso, spendere qualche rigo per la prestazione del gruppo. Tecnicamente il livello è ottimo: ognuno svolge il proprio dovere con precisione chirurgica, sfoderando tecnicismi mai fini a se stessi, ma sempre in funzione delle canzoni.
“Min Tid Skal Komme” è uno di quei gioielli di inestimabile valore che purtroppo si sono persi nei meandri del tempo. Lontanto dagli accenti barocchi degli Arcturus o dall’insana ironia dei conterranei Solefald, il platter in questione ha il pregio di essere diretto e “facilmente” assimilabile.

Questo disco è forse uno di quelle eccezioni che merita realmente l’attributo di masterpiece, poichè figlio di un lavoro duro ed appassionato. L’ascolto è dunque d’obbligo per tutti, nessuno escluso.

Tracklist:
01 Fragmenter av en Fortid
02 En Skikkelse I Horisonten
03 Hvilelos?
04 Englers Piler Har Ingen Brodd
05 Fragmenter av en Fremtid

Emanuele Calderone

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