Recensione: Mind Colour
“Alla fine ne resterà solo uno” recitava Christopher Lambèrt in un una pellicola cinematografica di qualche anno fa. E si, è triste dover ammetterlo, ma musicalmente parlando l’Italia è un paese in cui i trend musicali nascono, crescono e muoiono nel giro di qualche anno,un paese in cui le giovani band fanno a spallate per salire sul carrozzone dei vincitori, e quando il trend del momento ha esalato l’ultimo sospiro, in molti cercano di prendere le distanze tentando di riciclarsi per l’ondata di tumulti che verrà.
Prendete ad esempio il prog metal, un genere musicale che ha avuto il suo culmine espressivo negli anni compresi fra il 1994 ed il 1998, anni in cui anche alle sagre di paese era possibile ascoltare la band di turno che si cimentava nell’esecuzione di “Pull me under”, e dove i tempi dispari e suonare il più complicato possibile, era all’ordine del giorno,e la tecnica strumentale era anteposta al gusto e al feeling del suonare per comunicare emozioni. Arkè, Mystere de notre dame,Quasar Lux Symphoniae, Zen, sono solo alcune delle band che si sono dissolte nel nulla dopo che il ciclone ”power metal” che ha travolto la nostra penisola, mettendo la parola fine ad un periodo d’oro per la musica intellettuale per eccellenza.
E così dopo la tempesta, la quiete risolutrice, ed è qui che si constata che alla fine restano solo i migliori, i più tenaci quelli che non demordono mai, quelli che risalgono la china fieri dei propri valori e dei propri ideali musicali e che, nonostante tutto e tutti, se ne infischiano dei trent e delle mode imperanti e, consci solo delle proprie capacità artistiche, tentano una dura quanto ardua scalata verso le liste di gradimento di quei pochi metal fans che non si fanno condizionare dall’esperto recensore di turno. Una di queste band sono di certo i Mind Colour da Caserta, eclettico quartetto che, con all’attivo un fantastico demo cd a titolo “Frames”, arriva finalmente al tanto sospirato cd di debutto sotto le ali protettrici della Nortwind records di Tortona.
Beh, innanzitutto inizio col dire che il disco di debutto partorito dai quattro musicisti campani, è il classico esempio di classe sopraffina unita a una dose di tecnica strumentale veramente sbalorditiva, un connubio che fa di queste dieci tracce il perfetto vademecum per chi, come i molti metallari dell’ultima ora, si erano persi gran parte dell’ondata di cui sopra. Paragonati più volte ai maestri Queensryche, ma chi ha fatto questo paragone o non ha mai ascoltato la famosa band di Seattle, o non ha ascoltato attentamente i Mind Colour, trovo che il perfetto mix di metal prog ed atmosfere più soffuse e dilatate presente in molte song dei nostri, sia piuttosto riconducibile alla scuola europea di bands del calibro di Elegy, soprattutto i primi quelli con Hovinga alla voce, e dei mai dimenticati Conception del capolavoro “Parallels mind”.
Insomma, i Mind Colour non sono la classica band che si diletta nella rilettura di schemi musicali triti e ritriti, e anche se i nostri non sono degli assoluti innovatori, a volte sanno risultare anche molto originali, potendo contare soprattutto sull’apporto di un vocalist di razza come il buon Raffaele De Lucia che, con il suo particolare timbro vocale, riesce ad impreziosire le atmosfere cangianti di un album che non finisce mai di meravigliarmi. Altro perno su cui poggia la riuscita di questo album, è di sicuro il dottissimo (capiscè a me!!!!NdBeppe) chitarrista Alfonso Ferrara, classico esempio di tecnica messa al servizio della band e del songwiting in generale, il quale, pur non perdendosi mai nella selva del solismo fine a se stesso, riesce a dipanare una serie concatenata di riffs devoti al genio Micheal Romeo, ascoltate la delirante “The queen of silence” e mi saprete dire, anche se il top qualitativo dell’album viene raggiunto con l’accoppiata “Obsession of remorse/Scent of life”, due song in cui la band da veramente un saggio di tutte le proprie potenzialità artistico/espressive.
Splendida a mio avviso la tilte track “Mind Colour” che racchiude nel suo insieme i canoni tipici del prog metal per eccellenza, mentre “Keraton fortress” è di sicuro il brano di maggior impatto del lotto in cui alla miscela sonora di partenza, si innestano reminiscenze class metal ed aor, con un bridge ed un coro da infarto. Una piccola postilla infine per i testi sempre profondi e pregni di lirismo interpretativo, che sono quanto di più poetico e melodrammatico mi sia mai capitato di leggere negli ultimi tempi, insomma se non l’avete ancora capito i Mind Colour sono una grande band che vi potrà aiutare a respirare una boccata d’ossigeno, in un periodo in cui molti acts di casa nostra giocano a scopiazzarsi e a risultare l’uno la copia carbone dell’altro. Semplicemente grande!!!!!
Beppe “HM” Diana