Recensione: Mirage

Di Daniele Peluso - 23 Settembre 2022 - 17:22
Mirage
Band: Gaerea
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2022
Nazione:
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83

preconcètto agg. e s. m. [comp. di pre- e del lat. conceptus (part. pass. di concipĕre «concepire»), per traduz. del fr. préconçu]. – 1. agg. Propriam., concepito prima; si dice soprattutto di idee o giudizî formulati in modo irrazionale, sulla base di prevenzioni, di convinzioni ideologiche, di sentimenti istintivi, spesso per partito preso e senza una esperienza personale.

Quando ci si propone in prima persona, quando ci si rende disponibili ad aiutare, non si sa mai a cosa si vada realmente incontro.
Fu così che, quasi per caso, questo disco finì nella mia lista delle cose da fare, e fu proprio così che mi imbattei in qualcosa di totalmente nuovo per me, di cui non conoscevo quasi nulla.
Gaerea: Black Metal portoghese.
Questo il nome della nuova sfida che mi si parò dinnanzi e di cui avrò onore e onore di parlare.

Una delle cose che si imparano fin da subito nei corsi di comunicazione è che bisogna presto disfarsi di tutte le parole con il prefisso *pre.
Preconcetto, pregiudizio, preoccupazione sono tre insidiosi demoni di cui ci si deve liberare al più presto quando si è decisi a indagare se stessi e gli infiniti mondi che ci circondano.
Ho affrontato quindi “Mirage” con la sfrontatezza di chi non ha nulla da perdere ma solo da imparare. E ho imparato tanto.
Il Black Metal dei portoghesi è distante anni luce dalle sonorità vecchio stampo a cui sono abituato. Il suono, parlando in termini assoluti, è ricco, corposo, rotondo. Un avvolgente mantello nero che ricopre l’ascoltatore da capo a piedi.
Se suona davvero così il Black Metal del nuovo millennio, devo ammettere che sono invecchiato troppo in fretta.

“Memoir”, brano d’apertura del disco, ti conduce per mano in maniera lieve tra le trame ordite ad arte grazie a un incipit leggero, quasi etereo nel semplice e scorrevole sviluppo.
Mi sento guidato da una mano che mi stringe, forte ma rassicurante, fin in riva al mare. Qualche gabbiano vola sopra la mia testa, totalmente incurante di quello che accade sotto. Mi lascio cadere dalla riva, senza paura, senza volontà. Vengo avvolto da un maelstrøm che mi inghiotte, forte e violento come la musica che mi circonda. Veloce, precipito verso l’abisso. Il brano d’apertura mi apre un mondo, mi cattura in un tripudio di note sparate a rotta di collo. Monumentale, la sezione ritmica tiene in piedi una struttura complessa e distopica. Su un unico filo conduttore “Salve” continua a percorrere la strada intrapresa dall’opener del disco. Repentini cambi di ritmo, dissonanze e stacchi improvvisi e brutali rendono le trame delle canzoni molto ben assortite anche se si capisce fin da subito che sono facenti parte di un progetto molto omogeneo. Ogni tassello ha il suo posto univoco, nulla è lasciato al caso.

Sono davanti ad un album molto ben strutturato e dal profondo carattere introspettivo. Gli anni della segregazione imposta dalla pandemia hanno scoperchiato più di qualche vaso di Pandora, incidendo in maniera indelebile sugli animi umani.
Gaerea ne danno riprova con un lavoro denso di sentimento ed estremamente introspettivo, carico di quella lancinante disperazione che attanaglia l’essere umano solo quando ha a che fare con il proprio io più profondo.
Come in un miraggio, la vita ci regala un’esistenza fatta di immagini che si susseguono dentro e fuori di noi. Mutando, quello che prima risultava impercettibile prende forma e sostanza dentro di noi, così come immateriale e indefinito si fa quello che così forte e sicuro era in noi. La musica accompagna il viaggio interiore tra le flebili suggestioni di una impalpabile “Arson”, e una martellante “Ebb”, che ci porta nei meandri più reconditi della mente, laddove vivono i ricordi più dolorosi.
I sensi ci ingannano, la realtà ha forme che spesso non siamo in grado di distinguere. “Mirage”, è questo e forse molto di più.
Nelle otto canzoni del disco troviamo quello che più di tutto ci ha insegnato il biennio 2020 – 2022: la vita è un continuo cambiamento. Nulla è certo, niente è sicuro. Forse potrà risultare un pensiero banale a prima vista, ma guardando con il senno di poi la vita antecedente la pandemia, forse capisco che il concetto della mutevolezza della vita era lontano dall’essere davvero compreso.
La band, nelle fotografie presenti in rete, si fa ritrarre con un cappuccio calato sul volto, recante bello grande il sigillo di Asmodeo. Anche la copertina dell’album richiama, con toni dorati, lo stesso sigillo. Tutto è curato con maniacale dedizione.
La scelta di uno dei demoni più rappresentativi del gotha infernale non penso sia un caso. Spesso, soprattutto nel tardo medioevo, allo “spirito del giudizio”, veniva attribuito il potere di intercedere sul fluire del tempo e delle ore della giornata.

“Non si esiste davvero fin quando non si è soli”: questo è uno dei messaggi che i Gaerea hanno voluto lasciarmi e lasciarci in dote. In un momento così delicato come quello che tutti stiamo attraversando, trovare il tempo per riflettere e guardarsi dietro, credo, sia un atto di vero coraggio. Accompagnati da questo disco, in cui sono felice di essermi imbattuto, sarà molto più semplice differenziare il semplice guardare dal più profondo vedere.
Asmodeo, signore dell’ira e della vendetta, ha poggiato lo sguardo su questi ragazzi portoghesi donando loro ispirazione e spirito.
E a me ha ricordato quanto importante sia non dare mai giudizi troppo affrettati.

Peluso Daniele

Gaerea - Mirage

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