Recensione: Mirroring Identities
Il progetto Broken Melody nasce nel 2006 ad Alghero dall’idea di cinque amici (Francesco Palmieri -Voce-, Roberto Ortu -chitarra e voce-, Riccardo Cherchi -chitarra-, Gabriele Viviani -basso- e Francesco Usai -batteria-) di creare una band dal sound hard rock/metal. Dopo poco tempo i ragazzi registrano già il loro primo album autoprodotto intitolato “Face The World” e iniziano a suonare dal vivo in una lunga serie di concerti e manifestazioni che attribuiscono loro un buon consenso da parte di pubblico e critica. Il genere musicale proposto agli esordi viene considerato come un misto tra AOR e thrash metal, con una predominante vena melodica.
Le idee sono molte, per cui il gruppo è sempre in piena attività compositiva: dopo un 2007 trascorso a proporre i propri brani in versione acustica, l’anno successivo è il momento di un nuovo promo che porta alla firma del primo contratto discografico con l’etichetta britannica Copro Records. Poco tempo dopo, ecco comparire Mirroring Identities, vero e proprio disco di debutto della band sarda.
Questo album è il biglietto da visita che i Broken Melody mostrano all’ingresso nella scena metal italiana ed europea che, è risaputo, è sempre molto diffidente verso quei gruppi che non sono i soliti quattro o cinque mostri sacri noti a tutti i metalheads. La band tenta quindi ogni mossa per sedurre il maggior numero di ascoltatori unendo partiture dal tipico sapore heavy-speed metal ad altre di influenza -core che tanto sta prendendo piede negli ultimi tempi, infarcendo il tutto con una invasiva e decisamente ruffiana vena melodica. Il risultato finale non è dei migliori e, quella che poteva essere in principio una buona idea per la band, in fin dei conti la trasforma in uno dei tanti gruppi di cui i canali televisivi che propongono musica rumorosa adatta a soddisfare le paturnie del ragazzino alternativo con le novità del momento, sono saturi da tempo.
In questa profusione di “già sentito”, spiccano alcuni episodi che, se fossero stati presi come esempio, avrebbero potuto fare la differenza, tipo Breaking The Chains, brano di impatto veloce e potente dal groove speed metal e con un tiro decisamente trascinante oppure Return Denied, pezzo dall’andamento più in stile hard rock, ma comunque sempre molto sostenuto. In molti casi l’utilizzo di growl o urla sgraziate in “simil scream” trovano il tempo che trovano: la sensazione è quella che il combo sardo voglia sembrare più “cattivo” e aggressivo di quel che è in realtà, anche perché in canzoni lente e melodiche come Dark & Light, il buon gusto per la melodia e la dolcezza non manca di certo.
Siamo dunque di fronte a un lavoro prodotto in piuttosto bene, con suoni equilibrati e suonato con una discreta tecnica da parte di tutti i componenti ma, a parte questo, il resto è tutto privo di mordente, noioso e confezionato per un target di pubblico piuttosto ristretto. Speriamo che le critiche mosse in questa recensione siano uno stimolo in più per il gruppo per cercare di personalizzare e rendere più efficace la propria musica, in modo da sfornare un secondo album più convincente.
Stefano “Elrond” Vianello
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Tracklist:
1. The Beast Within
2. The Lover Of Innocence
3. I Live Again
4. A Question To Your Heart
5. Breaking The Chains
6. Dreaming Of A New World
7. Return Denied
8. Dark & Light
9. The Life Of A Night
10. Until The End
Line-up:
Francesco Palmieri: Voce
Roberto Ortu: Chitarra e Voce
Emanuele Ninu: Chitarra e Voce
Gabriele Viviani: Basso
Francesco Usai: Batteria