Recensione: Misanthropic Generation

Di Matteo Bovio - 1 Novembre 2003 - 0:00
Misanthropic Generation
Band: Disfear
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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60

Due leggende si sono incontrate, hanno incrociato le proprie strade, ed è uscito Misanthropic Generation. Tuttavia in musica le leggende non si sommano come in matematica, si fondono; e da questa commistione può nascere di tutto, compreso un mezzo pasticcio. Già, è stato proprio così… Tompa con questo cd non aggiunge assolutamente nulla di nuovo al proprio nome, sempre e comunque grandissimo, e i Disfear si trovano totalmente fuori dal loro contesto, nel quale una volta erano uno dei pilastri. La florida (per quanto iper-underground) scena crust svedese deve infatti tantissimo a questo nome, capace di dare alle stampe lavori dal reale valore cult. Ecco invece quanto vi posso dire su Misanthropic Generation

Vi posso dire che piazzato nello stereo ad un volume esagerato vi regalerà quasi 40 minuti di puro divertimento, di pogo festaiolo come non se ne sentiva da tempo. Vi posso dire che nella sua semplicità quasi al limite, saprà essere accattivante dopo pochissimi ascolti. Ma, se permettete, vi posso ricordare che il crust non è solo questo, e che da un gruppo simile aspettarsi altro è quasi un dovere. Non che questa considerazione abbia influenzato poi tanto il mio parere sul livello generale del cd, il quale come specificato sopra è divertente e poco più, eppure resta un minimo di amaro in bocca per l’aspettativa profondamente delusa.

Il gruppo abbandona le sparate inferiori ai due minuti che da sempre hanno caratterizzato i loro prodotti, per darsi a canzoni di media lunghezza… dall’inutile media lunghezza. Niente è stato aggiunto (se non una produzione infinitamente migliore) a quanto fatto in passato; semplicemente le strutture vengono riproposte qualche volta in più del necessario… Questo è quanto definisco deludere un’aspettativa, visto che tutto ciò puzza moltissimo di operazione e compromesso commerciale. Non riesco in altra maniera a spiegare una scelta così palesemente deleteria, o che almeno non poteva non suscitare la giusta indignazione di chi col genere (e coi Disfear stessi) aveva già a che fare da tempo.

Ora il suono è molto più esplicitamente hardcore con fortissime virate sul punk, il tutto reso in qualche modo appetibile al pubblico metal solo per la bella prestazione del sempre in forma Tompa e dall’attitudine sfacciata dei musicisti. Brutto comunque vedere come un’etichetta del calibro e della reputazione della Relapse abbia preso un gruppo e l’abbia snaturato completamente per poter costruire su una mezza leggenda qualcosa di molto più simile ad un gruppo d’intrattenimento che ad una band a suo modo seria. Dedicato a chi sta cercando un po’ di divertimento senza alcun impegno…
Matteo Bovio

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