Recensione: Miserable Miracle

Di Daniele D'Adamo - 12 Marzo 2016 - 16:21
Miserable Miracle
Band: Mithridatic
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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78

Da qualche anno a questa parte il metal estremo francese sta apponendo il proprio duro dominio sul Mondo.

Sia nel campo del death, infatti, sia in quello del black, non si contano oramai più gli ensemble dall’enorme valore assoluto che calcano le scene; che battagliano ad armi pari, in termini di qualità tecnico-artistica, con le migliori realtà provenienti dal Nord Europa, dalla Polonia e degli Stati Uniti d’America.

In questo caso il campo è quello del blackened death metal. Di una forma violentissima di death, cioè, contaminata pesantemente dalle sulfuree atmosfere del black. Capostipiti, in tal senso, i Behemoth di Nergal, giusto per avere sottomano un comodo punto di riferimento. Ma, qui, teatro della nascita dell’empietà è Saint-Étienne ove, nel 2007, prendono forma i Mithridatic, capitanati dall’indemoniato vocalist Guitou, spaventoso nocchiero di uno stile vocale né growl né scream, terribilmente lacerante, oscuramente stentoreo. Dopo un demo (“Dawn Of Bitterness”, 2008) e un EP (“The Hunt Is On”, 2015), è finalmente l’ora del debut-album: “Miserable Miracle”, partorito dagli inferi ieri 11 marzo 2016 A.D. per conto della Kaotoxin Records.

Caratteristica primigenia del blackened death metal è la tecnica strumentale, che deve essere eccellente per dar luogo al caratteristico sound del blackened stesso, secco, monolitico, chirurgico. E quella dei cinque transalpini è semplicemente mostruosa. L’hyperblasting drumming di Kevin Paradis, innanzitutto, capace di eruttare con agghiacciante soluzione di continuità una selva inestricabile di blast-beats alla velocità del suono (“Hell Compasses Points”). Per un’annichilazione completa quando, rallentando, passa ai quattro quarti da totale allucinazione. L’indescrivibile muro di suono eretto dalle chitarre Romain Sanchez e Alexandre Brosse è qualcosa d’impossibile da descriversi, a parole. Sostenute dal cupo rimbombo del basso di Remolow, il sound generato da una sì micidiale macchina da guerra si spinge verso valori di pressione acustica insostenibili.

I Mithridatic fanno male per davvero, con le loro nove song bagnate nella rovente e fumante pece nera. Anche nei momenti di pausa, come per esempio in “Oxydized Trigger Sabotage”, l’atmosfera è irrespirabile per via della cupa, tetra, opprimente cappa di malvagità che avvolge tutto e tutti. Un mood angoscioso, lugubre, fosco, che rimanda nei più inesplorati e pericolosi anfratti della psiche umana (“Dispense The Adulterated”) ove la follia è l’unica salvezza dall’eterna dannazione. Gli affilatissimi riff si contraggono, si allungano, si contorcono su se stessi, precisi come lame di rasoio; per ammantare “Miserable Miracle” di un flavour patologico, nella sua concezione psichiatrica rivolta alla mania e alle pulsioni più morbose che, pure loro, albergano nell’animo umano.

L’impressionante, orrido intro di “The Supply…”, ove si odono urlare migliaia di anime dannate, trasferisce immediatamente chi ascolta in uno qualsiasi dei gironi infernali di dantesca memoria. Per poi impazzire definitivamente con “… For Terror And The Crowd”, inumano assalto alla giugulare, manifesto dell’efferatezza in musica, braccio armato della distruzione dell’umanità. Basta poco, quindi, per rendersi conto che “Miserable Miracle” è un’Opera Prima maledetta, già Grande, già adulta, già pregna di eccelsa classe tecnica e compositiva.

Onore e gloria ai Mithridatic!

Daniele D’Adamo

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