Recensione: Misère de Poussière

Di Daniele D'Adamo - 19 Dicembre 2024 - 17:00
Misère de Poussière
75

A volte è davvero difficile raccapezzarsi durante l’ascolto di un album, specificamente per ciò che concerne l’aspetto meramente musica, per cercare di inquadrarlo in qualcosa di ben definito. Il che è quello che accade con i Conjonctive e il loro terzo full-length in carriera, “Misère de Poussière“.

Solo terzo, si potrebbe affermare, poiché la ridetta carriera dei Nostri comincia nell’ormai lontano 2007. Ma, fra defezioni varie, pause, ripensamenti, alla fine la produzione discografica si rivela scarna. Questo fatto, benché le cui connotazioni siano apparentemente negative, produce anche una rilevanza positiva. La quale ha consentito, nel corso degli anni, di imbastire un sound praticamente perfetto in ogni sua parte, in cui la componente tecnica è ai massimi livelli del genere.

Ed è qui che nasce la principale difficoltà nel valutare in quale ambito sia compreso l’LP. Le note biografiche tirano fuori un po’ di tutto, tranne ciò che dev’essere, almeno a parere di chi scrive: djent. La mutazione hyper-tech del deathcore. Per elargire un esempio che lasci intuire il concetto, la storia del combo svizzero è similare, come evoluzione, a quella dei Jinjer. Certo, la classe non è forse la stessa ma poco ci manca giacché i Conjonctive sono effettivamente bravi in tutto e per tutto.

Misère de Poussière” si può immaginare come un’intricata selva ricca di micidiali stop’n’go, accelerazioni sino a sfondare la barriera dei blast-beats, harsh vocals sanguinolente incrociate con un possente growling. Già, dato che i cantanti, che leggono testi rigorosamente in lingua madre, il francese, sono due: Sonia Kaya per quanto riguarda le prime, Randy Schaller per quel che concerne il secondo (più qualche rara suinata). L’intreccio è complicato, in quanto i due vocalist sono talmente affiatati e in gamba da creare linee vocali praticamente uniche. Come se il frontman fosse uno solo, per chiarire meglio il concetto.

Spaventoso, ovviamente (dato il genere…), l’apporto dei due chitarristi Yannick Breitenmoser e Raphaël Scherrer, autori di un riffing dalle proporzioni gigantesche. L’attacco è totalmente frontale grazie all’immane potenza di accordi dal tono ribassato, eseguiti con la tecnica del palm-muting per evitare sfilacciamenti e comprimere meglio la cassa toracica. Riff non troppo lambiccati per ottenere, appunto, il massimo della furia demolitrice. Un muro di suono agghiacciante per via delle sue dimensioni pressoché infinite, dallo spessore enorme, di colore antracite per dare l’idea del mood cupo e piuttosto oscuro del quintetto di Nyon.

Contribuiscono fattivamente alla creazione di questo sound pazzesco Erwin Bertschi al basso e il batterista Guido Wyss. Anzi, il nuovo batterista Guido Wyss. Dotato dal talento cristallino e dall’abilità sopraffina, è colui che presumibilmente ha portato nuova linfa alla band, consentendole di compiere un passo in più verso il suo lo stile definitivo. Djent, sì, ma comunque personale, adulto, riconoscibile soprattutto all’azione delle due ugole di cui sopra. Operazione ancora in atto ma che sicuramente produrrà i suoi effetti nel tempo a venire.

Intanto, a prendere a mazzate sulla schiena l’incauto ascoltatore ci pensano le canzoni. Forse qui manca un po’ di fantasia nel creare qualcosa da mandare a memoria ma questo non è detto sia un difetto. Perché lo spirito che alberga nei Conjonctive è quello di spezzare più schiene possibili. Una metafora per rendere bene l’idea di come sia organizzato l’insieme dei brani, teso fondamentalmente a privilegiare la massima erogazione possibile di energia derivante da un songwriting maturo e totalmente professionale, lasciando accuratamente da parte ogni possibile atto melodico.

Misère de Poussière” è un’opera niente affatto semplice da affrontare, se non si è specialisti del djent, genere ostico per eccellenza nell’ambito del metal estremo. Tuttavia i Conjonctive, assurdamente privi di un contratto discografico, sono talmente intelligenti da concentrare le loro forze in un’unica direzione, cioè quella del massimo vigore musicale.

Daniele “dani66” D’Adamo

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