Recensione: Misery Never Forgets
Primo album per gli statunitensi Wristmeetrazor. Album, che, di fatto parrebbe di più un EP. Ma così è per la casa discografica e non resta che prenderne atto.
I Wristmeetrazor sono nati nell’estate del 2017 come progetto one-man band del chitarrista/cantante Jonah Thorne, successivamente coadiuvato, dopo aver prodotto un demo, dal bassista/cantante Justin Fornof. Nell’autunno dello stesso anno il duo ha dato alle stampe due EP cui, infine, è seguito il reclutamento del batterista/cantante Bryan Prosser per la definitiva definizione dell’attuale line-up.
Va subito sottolineato che la giovane età non pare essere un problema, per i Nostri. Capaci di sviscerare sin da subito, quindi, un sound tecnicamente senza difetti. Grande padronanza dei propri mezzi in fase di esecuzione, ottimo sound complessivo. Chiaro, limpido, tagliente. Tagliente come da definizione enciclopedica delle sonorità *-core, cui si può assimilare lo stile del trio a stelle e strisce, nel quale confluiscono varie correnti: screamo, hardcore, metalcore. Correnti che rendono difficile un suo corretto inquadramento, poiché la band li mischia con notevole abilità, senza cioè che ci sia una netta predominanza di una rispetto all’altra, nell’obbedienza, comunque, di una foggia musicale ben definita, ben disegnata, adulta. Se proprio occorre fornire un nome, allora è metalcore. Non melodico se non in rarissimi momenti, con prevalenza di una componente dissonante che rende “Misery Never Forgets” un disco arcigno, duro da digerire come un pugno nello stomaco.
Peraltro, non tutte le song sono… song vere e proprie. ‘Goodbye Sweet Betty’, per esempio, è soltanto un intermezzo ambient fortemente disarmonico, disturbante, che, sì, contribuisce a rendere viva l’atmosfera fredda e glaciale che i Wristmeetrazor vogliono creare ma che, allo stesso tempo, riduce ulteriormente i minuti di musica vera compresi in “Misery Never Forgets”.
Il risultato complessivo non è granché, poiché, alla fine dei conti, poco più di una dozzina di minuti per generare nell’ascoltatore visioni o sensazioni o emozioni forti non sono sufficienti. La… suite finale ‘No More Blue Tomorrows’, della durata di quattro minuti, presenta anch’essa, come incipit, un lungo segmento ambient che riduce la rabbia e la disperazione di un sound invece interessante. Ricco di energia e aggressività, animato da sfavillante potenza, pieno, profondo. Come dimostra l’opener-track ‘Loathsome’, aguzza, arcigna, cattiva. Rutilante nel suo possente incedere ritmata dalle urla sguaiate del vocalist di turno, tese a rendere tangibile una sofferenza reale nonché una lontananza altrettanto reale dalla supposta normalità di una società da combattere nei valori di base.
Difficile se non impossibile, quindi, giudicare con un voto secco, riassuntivo, “Misery Never Forgets”. Non resta che andare a istinto e sulla fiducia di un ensemble che lascia intravedere un notevole potenziale, al momento inespresso.
Sufficienza, allora, e niente più, per i Wristmeetrazor.
Daniele “dani66” D’Adamo