Recensione: Miserycorde
Che gli oracoli fossero particolarmente diffusi nella religione e nella società dell’Antica Grecia è noto. Del fatto che a pilotare la nuova super-band belga chiamata Oracles, appunto, ci sia una certa Konstantina Saloustrou, magari, un po’ meno.
Konstantina Saloustrou meglio conosciuta, in arte, come Sanna Salou, formidabile cantante ellenica di System Divide, Dimlight, Ad Inferna, Emerald Sun. Con Sven de Caluwé (voce – Aborted, Bent Sea), Steve Miller (chitarra – Loculus), Mendel bij de Leij (chitarra – Aborted, Escadron, Mendel), Andrei Aframov (basso – System Divide) e Ken Bedene (batteria – Aborted) a formare un ensemble dalle straordinarie potenzialità tecnico/artistiche. Coadiuvato, come se non bastasse, da guest del calibro di Per Nilsson (Scar Symmetry), Ryan Knight (The Black Dahlia Murder) e Jeff Loomis (Nevermore, Arch Enemy).
Nati nel 2014, con base in Belgio a Kortrijk, gli Oracles presentano in realtà carattere d’internazionalità, dato atto della provenienza di ciascun membro. Una caratteristica tipica delle super-band, come più su denominate, giacché esse assommano, per definizione, i migliori elementi in campo provenienti dalle più disparate nazioni. Se da una parte c’è la probabilità teorica di un buon successo dell’operazione, dall’altra c’è il rischio endemico della mancanza di coesione, della professionalità spinta che toglie anima alla musica.
Fattispecie, però, che non interessa Sanna Salou e i suoi compagni, poiché, dopo un EP sperimentale di quattro tracce intitolato come questo debut-album, gli Oracles si sono messi di buzzo buono a lavorare su quest’ultimo. Evidenziando tutte le peculiarità di una band vera.
Non ci si aspetti una proposta power/gothic à la Nightwish, però, data la presenza di una female-vocalist. Gli Oracles pestano durissimo, tirando fuori dal cilindro death metal violentissimo, modernissimo, assai vicino, anzi compreso nella famiglia deathcore. Sven de Caluwé, l’altro cantante, è una belva assetata di sangue, e spazza tutto con un growling bestiale, ferale, assassino. Tuttavia, le clamorose aperture melodiche che regala a piene mani la bellissima voce di Sanna Salou sono delle chicche di prima qualità, come dimostra lo stupendo ritornello della brutale (sic!) ‘The Tribulation of Man’, nobilitata peraltro da un memorabile guitar-solo di stampo neoclassico.
Ovviamente il gioco morbido/duro, dolce/amaro, delicato/violento, languido/bestiale, Salou/de Caluwé è il leit motiv di “Miserycorde”. Forse prevedibile, ma che non esime i Nostri di raggiungere e stazionare nelle lande del metal estremo, dove imperano i mostruosi ritmi alimentati dai blast-beats di Ken Bedene.
Eccellenti le orchestrazioni. Possenti, visionarie, massicce. Nonché gli inserti ambient dal taglio techno, che conferiscono al deathcore degli Oracles il giusto mood futuristico. Nella vera antitesi che regge tutto l’album: quella fra la musica, talmente avanzata come groove da poter essere definita una sorta di cyber deathcore. Musica assolutamente oltranzista, mai paga di sangue e ossa. Inframmezzata dai melodiosi arabeschi cuciti dalle chitarre, ma sempre sul pezzo, sempre assai aggressiva e granitica. E la voce di Sanna Salou, tecnicamente ineccepibile dal timbro ricco di personalità e, soprattutto, maledettamente armoniosa.
Dualismo che salta in aria in brani-sfascio tipo ‘Body of Ineptitude’ e ‘Canvas of Me’, dall’incontenibile furore, ammaestrato però dal carisma della bravissima vocalist di Atene. Eccezionale, poi, quando la furia degli elementi si placa un pochino e si cerca l’introspezione (‘Remnants Echo’).
Gli Oracles, insomma, non si accontentano di eseguire bene il compitino assegnatogli. Ci provano sul serio.
E ci riescono.
Daniele D’Adamo