Recensione: Modern World
La scorsa estate in Germania, in occasione del Wacken Open Air 2002, le platee europee poterono saggiare le virtù artistiche di questa eccellente band statunitense che ebbe l’arduo e coraggioso compito di incominciare la notoria maratona metallica del festival, i Rival mandarono in visibilio la Germania trattenendosi sul palco, a furor di popolo, a lungo oltre il tempo previsto. Alla fine del festival, secondo i dati di vendita e i referendum on line, i Rival si meritarono la palma di band più apprezzata del festival e il loro cd fu il più venduto nella tre giorni tedesca, ma incredibilmente nessuna label europea sembrò interessata alla distribuzione di “modern world” nel vecchio mondo. I Rival vengono da Chicago e già da qualche anno sono nelle grazie degli addetti ai lavori dall’altra parte dell’Atlantico, hanno all’attivo solo questo cd ma esistono da diversi anni e possono vantarsi della fama di band centrale della rinascita del metal statunitense. Come già successo per gli ottimi Aska anche i nostri sono figli del metal classico di pura estrazione ottantiana, nella fattispecie della tradizione americana che fece la storia più di dieci anni fa e che poi cadde in declino con l’avvento del grunge. Ora sembra proprio che gli anni di flessione siano passati, negli States è rinato un pubblico ortodosso e fedele che si sta allargando sempre più, e insieme a questo abbiamo la rinascita di band eccezionali che si affiancano ai superstiti storici del metal a stelle e strisce, senza considerare il sempre più numeroso sbocciare di metal happening in ogni angolo del paese. Il disco si apre con la potenza frontale e nobile della title track un brano ideale se suonato live, un vero cavallo di battaglia per fare incendiare il pubblico, grazie a un souno semplice e ritmato che vede nella coppia alle chitarre duellanti una vera arma letale: i Rival scaraventano sull’ascoltatore una bella carica sincera e personale che convince già da subito. Le stesse caratterisitche si mantengono sulla successiva e altrettanto riuscita “half alive” che possiede forse un refrain leggermente più melodico e coinvolgente e che dimostra quanto i Rival sappiano coniugare pathos e potenza in sede di song writing, altra mazzata da sparare sul pubblico. Classicamente ottantiane “death stalker” e “tides of fate” si alternano tra riff sostenuti e tempi rapidi, grazie a un vocalist decisamente ispirato e piacevolmente grintoso i due brani colpiscono subito essendo basati su strutture semplici e dirette che riflettono l’attitudine del gruppo ancora una volta sincera e dedicata. Più elaborata “evil within” che possiede le carte in regola per fare breccia nel cuore di chi ama sonorità oscure e potenti che possono ricordare il metal seminale dei Metal Church che ormai da troppi anni non trova eredi nella scena europea, e italiana, troppo attenta a composizioni prolisse, sinfoniche e spesso inefficaci in sede live. Lo strumentale “euthanasia” ci introduce energicamente a “in silence” altro cavallo da battaglia da sfoderare sul palco, nuovamente i Rival ci confermano la loro attitudine fedele e incrollabile basata sul riffing incessante e su ritmi sostenuti, anche qui chi tra voi ama il metal classico troverà pane per i suoi denti. Concludono le danze l’ottima “out of line” e la apocalittica “the chosen” che mi ricorda le liriche dei Megadeth di “peace sells” basate sulla guerra atomica e la distruzione totale, un vero jump back to the classic nella storia del metal americano ottimamente rigenerato dalla verve del gruppo che mette a segno un platter eccezionale. “Modern world” non può mancare agli amanti del vero metallo, essendo l’ennesima conferma di come finalmente il metal vero a stelle e strisce sia finalmente sulla via della rinascita. Bene, perchè senza i fratelli americani non era più la stessa cosa. Eugenio “Metalgenio” Giordano