Recensione: Molecular Heinosity

Di Riccardo Angelini - 15 Aprile 2009 - 0:00
Molecular Heinosity
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Anno: 2009
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50

Che Derek Sherinian sappia scrivere bei dischi non è in dubbio: gioiellini come ‘Black Utopia’ (2003) e ‘Mythology’ (2004) stanno lì a dimostrarlo. Il talento non si discute e i contatti di lustro non gli mancano, tanto è vero che a ogni uscita il buon Derek può contare sulla collaborazione di gente come Zakk Wylde, Virgil Donati e via discorrendo. Ma allora, che cosa ci vuole per tirar fuori un album all’altezza?

‘Molecular Heinosity’ si cala nel solco del progressive ultratecnico scavato dal deludente ‘Blood Of The Snake’. Vale a dire: un altro disco di progressive ultratecnico, un’altra delusione. Il valore del tastierista non è in discussione. Derek è tecnica e stile, il suo tocco è immediatamente riconoscibile, personale, preciso, veloce. Sul valore del compositore, o quantomeno sul suo attuale stato di forma, qualche dubbio pare invece lecito.
Non è raro per un solista cedere alla tentazione di sfruttare le propre produzioni autonome per sfogarsi sullo strumento, solitamente a spese degli altri strumentisti. Non è questo il caso di Sherinian. Al contrario, la sua discografia personale si è sempre dimostrata accogliente rispetto ai contributi esterni, tanto è vero che su ‘Molecular Heinosity’ la scrittura dei pezzi è avvenuta in collaborazione con Virgil Donati e Brian Tichy. L’alleanza creativa tuttavia non ha fatto altro che avvicinare ulteriormente il sound del Derek solista a quello dei Planet X, enfatizzando la componente heavy come già su ‘Black Utopia’ e alcuni pezzi di ‘Blood Of The Snake’. Senza recare necessariamente vantaggio alle composizioni stesse.
Qui i problemi, o meglio, il problema fondamentale del disco. In una parola: noia. L’opener ‘Antartica’ è sintomatica della macchinosità patologica della tracklist. L’asse Franklin/Donati allestisce una sezione ritmica da capogiro, tastiere e chitarre si intrecciano in duelli vertiginosi, ma a sconcertare realmente è la lapalissiana mancanza di feeling. Di seguito, ‘Ascension’ se la gioca sul piano dell’atmosfera e della psichedelia, ‘Wings Of Insanity’ su quello della potenza, ma il deficit di emozioni non viene colmato. Bisogna aspettare ‘Frozen By Fire’ perché Derek si ricordi che, sì, c’è anche un ascoltatore da intrattenere. Il pezzo, relativamente (molto relativamente) più semplice e snello, si fa forte di un ottimo lavoro solista alle sei corde e di un giro di tastiera persino epico. Ma l’impasse espressiva dei nostri si manifesta di nuovo in tutta la sua urgenza già sulla successiva ‘The Lone Spaniard’, dove il tentativo di ricerca melodica attraverso un duetto piano/chitarra fallisce clamorosamente sprofondando nel baratro del tedio universale. Dopo un’inconcludente title-track, la finale ‘So Far Gone’ – come da tradizione unico brano cantato dell’album – si erge a stranito manifesto di una sterilità artistica endemica, nonostante gli sforzi di dilatare il sound attraverso estemporanei arabeschi e vaghe reminiscenze sabbathiane.

C’è molto su cui riflettere per Derek Sherinian: la data sul calendario segna 2009 e l’ultratecnica non è più sufficiente a lasciare nessuno a bocca aperta – se mai lo è stata. La sperimentazione vive altrove: la scena odierna, dentro e fuori i confini del progressive, è molto più creativa e vitale di quanto non faccia comodo credere. Ciò considerato un ‘Molecular Heinosity’ potrà forse avere ancora qualcosa da dire a qualche patito dello strumento o ai fan più sfegatati. Ma di questo passo resterà ben poco da ascoltare anche per loro.

Riccardo Angelini

Tracklist:
1. Antarctica
2. Ascension
3. Primal Eleven
4. Wings Of Insanity
5. Frozen By Fire
6. The Lone Spaniard
7. Molecular Intro
8. Molecular Heinosity
9. So Far Gone

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