Recensione: Molesting The Decapitated

Di Stefano Risso - 27 Settembre 2006 - 0:00
Molesting The Decapitated
Band: Devourment
Etichetta:
Genere:
Anno: 1999
Nazione:
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85

Nell’immenso panorama brutal, pochissimi gruppi vantano l’importanza e il
seguito che i Devourment hanno conquistato con la propria musica, sono
poche le formazioni che sono riuscite con un solo album ad influenzare per anni
e anni miriadi di musicisti volti a imitare lo stile inconfondibile della band texana,
a trarre spunto oggi più che mai da quello che è uno dei classici del genere,
uno di quei dischi dinnanzi ai quali la ragione deve essere messa da parte, uno
di quei gioielli da vivere e basta.

Molesting The Decapitated ha fatto e fa scuola in tutto e per
tutto, a partire dalla splendida (si avete letto bene, splendida) cover,
dall’artwork dissacrante all’interno del booklet, dalla produzione bassissima e
profondissima, alla voce gorgogliante che tanto ci piace, dall’andamento
morbosamente cadenzato dei riff pronti poi a sfrecciare all’impazzata con una
velocità assurda, dal suono tipico del rullante così particolare, così secco,
così brutal, alla capacità di saper costruire brani mediamente lunghi e
strutturati rispetto lo standard del genere proposto, senza per questo perdere
un briciolo di potenza.

Nessun compromesso, Molesting The Decapitated lascia senza
parole, un disco da ascoltare e riascoltare, da adorare per quelle folate
chitarristiche così piene, sature, affascinanti, inesorabili nel “grindare” e
maledettamente soffocanti nei putrescenti tempi medi di Postmortal
Coprophagia
, nei suoi “interminabili” sei minuti abbondanti. Ruben Rosas
non dà tregua con il suo grugnito, accompagnando le ritmiche instancabili erette
da Brian “Brain” Wynn e Kevin Clark, mentre vengono snocciolate
autentiche perle come Choking on Bile, la title-track Molesting the
Decapitated
(spaventosa, praticamente una canzone perfetta), Self Disembowelment,
un vero e proprio manifesto brutal, per non parlare poi di Devour the Damned,
Shroud of Encryption, capolavori di pesantezza, classe compositiva,
immediatezza, che suggellano un lavoro privo di punti deboli. Una sorta si
trattato su come di debba suonare nel modo più marcio, violento e coinvolgente
possibile, riversando nei testi un sadismo e una passione per la perversione e
la sofferenza così efferata da accogliere ovviamente con macabra ironia… “Haunted,
haunted, I begin to see why i need to kill, my lust for your pain is my reason
to be.”
, si legge nella prorompente opener Festering Vomitous Mass, un verso
estrapolato fra tanti, ma particolarmente significativo per capire che aria si
respira all’interno di Molesting The Decapitated; aria resa ancor più
acre e disturbante
da una produzione non di certo perfetta, ma incredibilmente adatta per donare
ancora più fascino e grezzume al disco.

Non rimane molto da dire… Un disco irrinunciabile per qualsiasi amante del
brutal più estremo, un lavoro fondamentale per lo sviluppo della moderna scena
estrema, un disco per cui la parola capolavoro può essere spesa senza remore. I
Devourment sono uno di quei gruppi da amare, punto e basta.

Stefano Risso

Tracklist:

  1. Festering Vomitous Mass
  2. Postmortal Coprophagia
  3. Choking on Bile (mp3)
  4. Molesting the Decapitated
  5. Self Disembowelment
  6. Fucked to Death
  7. Devour the Damned
  8. Shroud of Encryption

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