Recensione: Money, Love, Light
Vivace e disimpegnato. Magari non originalissimo.
Ad ogni modo infarcito in lungo ed in largo di un inebriante mood “anni ottanta” che pur senza definire i contorni di un disco imperdibile, costruisce le basi per una serie di canzoni orecchiabili e ben arrangiate, memori di un sacco di influenze illustri cui tributare omaggi a piene mani. Ma soprattutto, sorretto da una dose di talento più che sufficiente nel renderlo un prodotto quanto meno interessante.
In poche parole, meritevole di essere scoperto e capace di posizionarsi per qualche particolare al di sopra della media dei tanti album che il settore propone con assidua e pervicace costanza.
Siracusani, con un già qualche anno d’esperienza alle spalle, i Blind Revolution arrivano al debutto discografico grazie all’interessamento della label greca Rock of Angels, mettendo sul pentagramma un florilegio di riferimenti all’immaginario hard / AOR che chiunque abbia familiarità con il genere conosce ed ha potuto, naturalmente, apprezzare
Ci sono i soliti Bon Jovi, Whitesnake e Journey, capisaldi imprescindibili. Quasi una sorta di tassa da pagare per chiunque voglia affacciarsi al rock melodico con venature eighties. Ma emergono, forse addirittura con maggiore efficacia, anche smaccati punti di contatto con Firehouse, Warrant, Giant, House of Lords e – più di tutti – Danger Danger, voluminosa quanto gratificante pietra angolare nella struttura del songwriting in forza ai fratelli Sipione (Simone – chitarra e Cristiano – Voce, fondatori originari del gruppo).
Effetto probabilmente dovuto in larga parte proprio alla voce di Cristiano, a tratti pressoché sovrapponibile a quella di Daniel Bowes dei Thunder ma ancor di più al celebre Ted Poley proprio dei Danger Danger.
Ascoltare il brano “Saints of Our Time” per avere idee più chiare: il modo in cui Sipione affronta le linee melodiche del pezzo è talmente affine a quello di Poley da sollevare, a tratti, il dubbio che al microfono possa in effetti esserci proprio il gioviale folletto americano di “Naughty Naughty” e “Boys Will Be Boys“.
Una somiglianza che contribuisce in parte alla creazione di un mood ideale, molto focalizzato sulla ricerca dell’orecchiabilità. Un elemento essenziale, quasi basilare, da sempre ragion d’essere delle grandi band citate poc’anzi e da cui i Blind Revolution derivano come una sorta d’emanazione diretta.
Il risultato di una ricetta di certo non nuova ma sempre dotata di un qualche fascino, va ad esprimersi in un nucleo di canzoni veloci, immediate e per lo più di facile ascolto, dotate di suoni non esageratamente profondi e scintillanti ma sufficienti nel garantire un buona fruibilità complessiva.
Niente male insomma: l’esordio del quartetto siciliano può tranquillamente essere inserito tra le cose positive offerte dalla circuito melodic rock europeo in questo primissimo scorcio di 2020.
“Money, Love, Light” è un disco che funziona, poggia su brani gradevoli e cresce con il susseguirsi degli ascolti: un risultato da accogliere senza dubbio con soddisfazione per questi newcomers nostrani, ennesimo indizio della qualità più che dignitosa raggiunta dalle band prodotte in tempi recenti dalla nostra amata penisola.