Recensione: Monument [Reissue]
Il “True Scottish Black Metal” sembra avere potenzialità sulla carta. Non è un mistero per nessuno che la provenienza sia uno dei punti di forza del black metal, molto più che per altri generi musicali. Una band black norvegese viene immediatamente recepita con un misto tra interesse e fascino atavico, anche se poi il disco è un insieme di cliché registrati in cantina. Al contrario, un black ceco o portoghese viene spesso guardato con diffidenza, come se scimmiottasse il vero e unico Black Metal. Questo, almeno, e per fortuna, fino a qualche anno fa.
La Scozia è rimasta sempre più o meno ai margini della scena musicale, ma il paese in sé condivide lo stesso fascino di fierezza e natura incontaminata della Norvegia, da qui un probabile interesse maggiore del pubblico – almeno, appunto, sulla carta.
Questo Monument fu il primo album registrato da tale Greg Edwards nel lontano, lontanissimo 2007. Apparentemente ne stampò pochissime copie che andarono presto esauirite. La Moribund Records, casa di una certa esperienza e dall’occhio discretamente lungo, decise così di prendere sotto le sue ali protettive il giovane scozzese e di aiutarlo a produrre non solo due nuovi album, ma a recuperare anche il lavoro precedente.
Dotato di confezione professionale e di una bonus track recuperata da “The Plague” e dal sapore decisamente old school (si nota persino la differenza nella qualità di registrazione e nell’approccio del genere, dichiaratamente nineties), Monument fa finalmente breccia nel mercato europeo.
Le one-man band si stanno centuplicando, stante la relativa facilità di registrare album interi con l’aiuto di un PC e di una strumentazione di medio livello, e l’offerta sta raggiungendo picchi prossimi alla saturazione del genere, da sempre facile da produrre ma molto difficile da centrare.
Edwards in questo senso non offre un prodotto particolarmente innovativo, che insomma abbia senso di esistere come rivoluzione. No, Monument decide di incanalarsi con una certa fatica tra i canoni del suicidal-ambient atmosferico tedesco e il black old school norvegese, senza lesinare brevi occhiate al black più intransigente di natura thrash ben rappresentato da “Mourning Life“, brano tra i più veloci del disco che comunque si lascia volentieri andare all’angosciante ossessività dei riff, vero marchio di fabbrica di questo primo/ultimo album dei Necronoclast.
Il disco purtroppo non ha un buon inizio: l’apertura dei giochi è affidata a un’intro, “Resurrection“, eccessivamente lunga, una batteria scandita nel silenzio che si alterna a brevi e strascicati riff di chitarra: troppo, troppo lunga e fastidiosa alle orecchie. Per fortuna il prode scozzese ha modo di farsi perdonare con assoli particolarmente pregiati nella movimentata “Monument to the Dead” e con i riff funebri “stop ‘n’ go” di “Vault“, probabilmente la traccia più tragica e ben riuscita dell’intero album grazie a una melodia immediatamente orecchiabile e di grande atmosfera. Interessante anche la soluzione escogitata in “The Cold Dead“, un vero calcio nello stomaco formato da un’impalcatura di black ferale alla quale si sovrappone un vocalizzo terrorizzante, simile al latrato di un cane, che stupisce allo stesso modo in cui stupì il passaggio da “The Hordes of Nebulah” a “Quintessence” nel mostruoso Panzerfaust, in cui si sentiva immediatamente il cambio di stile… e di “mano creativa”, per così dire.
Monument non è un disco noioso: le brevi parti in growl sono di discreto pregio e in generale l’intera opera si lascia ascoltare e riascoltare per qualche giorno. Il problema sorge quando si tocca il tasto dolente dell’acquisto: non c’è nulla che giustifichi l’acquisto di un album del genere, specialmente quando il panorama di questa branca del black metal è stracolmo di band di grande e medio spessore.
Monument è una goccia d’acqua pura ma indistinguibile dalle altre gocce d’acqua. Ci vuole un po’ di più per emergere, ma devo dire che a differenza dei tanti gruppi fotocopia che escono da paesi come Germania o USA, questi Necronoclast sembrano avere qualche asso nella manica che deve semplicemente essere sfruttato con creatività e tempismo. La strada potrebbe, tutto sommato, non essere così in salita.
Daniele “Fenrir” Balestrieri
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TRACKLIST:
1. Resurrection
2. Monument To The Dead
3. Mourning Life
4. Tauterised
5. Severance
6. Vault
7. The Cold Dread (Bonus Track)