Recensione: Mood Elevator

Di Fabio Vellata - 3 Luglio 2023 - 9:00
Mood Elevator
Etichetta: Sound Pollution
Genere: Hard Rock 
Anno: 2023
Nazione:
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77

Nel mezzo delle tantissime, troppe uscite mensili che vengono rigurgitate a getto continuo da etichette e promoter è sempre più complicato orientarsi. Soprattutto, individuare materiale che abbia davvero un minimo di ragione d’esistere e non corrisponda esclusivamente ad una sonora perdita di tempo.
Sfrucugliando qua e la alla ricerca di qualche novità che valesse almeno le parole spese per una recensione ci è capitato per le orecchie il secondo disco solista di Mats Karlsson, un nome non proprio sconosciuto agli “addetti”. Lunghissima, infatti, la sua militanza nei 220 Volt, band svedese di origini antiche (1979) con cui Karlsson ha condiviso gran parte della carriera.

Nulla di assoluto o davvero necessario. Ma almeno un buon disco.
Hard rock decisamente vecchio stile, con un bel suono di chitarra, un po’ di melodia e parecchie dosi di blues a supportarne la radice.
Canzoni agili, un paio di buone idee e tanta sostanza verace. In particolare un mood che non condivide nulla con lo stile da “ascensore” evocato dal titolo. Anzi, niente che si ponga come mero sottofondo d’accompagnamento. “Mood elevator” è in realtà un cd da ascoltare a volume sostenuto, utile ad apprezzarne la qualità delle soluzioni musicali ed il brillante stile chitarristico di Karlsson.
Aiutato da un gruppo di sodali tra cui spiccano il tastierista Ferdy Doernberg (Axel Rudi Pell), il bassista Bjorn Englen (Malmsteen e Quiet Riot) ed il cantante Mike Klemmè (The Summit), Karlsson mette in fila una serie di brani molto gradevoli. Pezzi che girano in scioltezza e non fanno pentire di aver deciso di dedicar loro un po’ d’attenzione.

L’iniziale “Beautiful life” preceduta dall’intro “Asteroids”, è uno dei vertici del cd: un bel chitarrone solido e risoluto sventaglia riff potenti ed efficaci. Successivamente l’attenzione è catturata dalle linee scattanti di “Keeping Time” e dallo stile accattivante di “Letters Without Signatures”: ritornello delizioso ed intreccio strumentale pregevole. Vale la pena ascoltare l’album anche solo per imbattersi in questa piccola perla, scritta e confezionata da un professionista di valore. Ulteriori motivi d’interesse sono reperibili nel rock n’roll di “Magic Wand” e nel torrido blues di “Try My Love” e “Tipping Point“. Conclusioni di un disco che arriva al suo termine in crescendo.
In mezzo, la curiosa cover di “Big Yellow Taxi“, vecchio pezzo acustico della cantautrice canadese Joni Mitchell, datato 1970, che in questa versione elettrica assume un insospettabile fascino rock.

Nel complesso un album che viaggia molto bene, a cavallo tra Giant, Stuart Smith, Dead Daisies e Tattoo Rodeo ed ha il pregio di apparire concreto e non artefatto.
Bel songwriting, asciutto e senza sofisticazioni, alcune buone trovate (come detto, “Letters Without a Signtaure” è un gioiellino) e zero sbavature in termini di suoni e perizia strumentale.
Non nuovo nell’approccio e nello stile. Tuttavia convincente proprio nel non voler inventare nulla di sconosciuto.

Ok, affare fatto: ascoltare “Mood Elevator” di mr. Mats Karlsson e scriverne una recensione non è stato tempo perso…

https://www.facebook.com/mk220v

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