Recensione: Morbid Delusions

Di Daniele D'Adamo - 8 Ottobre 2021 - 0:00
Morbid Delusions
Band: Nefariym
Etichetta: Inverse Records
Genere: Death 
Anno: 2021
Nazione:
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74

Altro, ennesimo progetto di old school death metal. Sono i neonati (2019) Nefariym, con base in Australia, alle prese con il loro debut-album “Morbid Delusions”.

È sotto gli occhi di tutti che il livello di inflazione attuale di band che dedicano anima e corpo a questo sottogenere sia molto alto ma, se si hanno delle buone idee della testa, non è detto che il risultato finale sia dato per scontato.

Che pare essere il caso dei Nostri, che realizzano il loro lavoro basandosi su un sound ancora più antico di quello degli inizi degli anni novanta, andando a pescare direttamente alla fonte. A quando, cioè, il metal estremo muoveva i suoi primi passi, non sapendo ancora definire se stesso se non in un modo solo: thrash. Sì, perché black e death metal erano ancora concetti troppo giovani per essere sviluppati in maniera congrua.

Così, per il metallo oltranzista, uno dei punti di riferimento in materia erano i Celtic Frost. E, a loro, si rifanno i Nefariym per elaborare un sound vecchia scuola ma con una precisa identificazione stilistica. È ovvio che “Morbid Delusions” non rappresenti una mera scopiazzatura dei leggendari svizzeri di Tom G. Warrior, ma di essi ne fa un flavour che avvolge velatamente, in certi frangenti nemmeno troppo, il disco in esame.

In ogni caso, il disco possiede una propria identità, e questo grazie alla volontà del combo di Melbourne di metterci del suo. Alcuni passaggi melodici sono ben centrati e aiutano a digerire la pietanza (‘Succubus’), anche se il mood prevalente è crudo, amaro, tagliente (‘Tearing the Flesh from the Bone’). Merito, anche, della voce di Mark Kelson, centrata su un growling assai filtrato dall’elettronica ma proprio per questo aspro, raschioso come la carta di vetro a grana grossa. Non sono poi tanti, a scegliere questa soluzione moderna, nell’ambito di cui trattasi, il che favorisce la riconoscibilità di uno stile abbastanza personale, perlomeno diverso dai soliti dettami imposti dall’old school. Anche la scelta di scatenare improvvise accelerazioni al calor bianco dei blast-beats da parte di Morbid, tendono a fornire un po’ di movimento rispetto all’essere inchiodati ai suddetti dettami. Il riffing è più che sufficiente nella sua elaborazione: lo stesso Kelson, assieme a Richie Poate, dà vita a una coppia d’asce consistente, costante nell’aggressione sonora, non mancando neppure alcuni soli piuttosto interessanti per via della loro inaspettata, buona esecuzione; come accade in ‘Endless Decay‘. Al solito, il basso, sempre a cura Kelson, realizza una maglia sonora a trame strette, sì da dar luogo a una base continua nella sua movimentazione all’interno del gruppo di song.

A tal proposito, ‘The Seeds of Hate’ funge un po’ da cartina al tornasole per quello che si può trovare all’interno del platter. Incipit in pura maniera Celtic Frost e poi via, a innalzare il numero di BPM con un’improvvisa quanto devastante sfuriata del drumming per poi stabilizzarlo in un up-tempo che, fra tutte le varie componenti stilistiche citate, è ciò che si avvicina di più al concetto di partenza, e cioè al death metal degli inizi.

Insomma, seppur obbediente allo spirito natìo della formazione proveniente dall’emisfero australe, “Morbid Delusions” può regalare qualche soddisfazione sia a chi abbia vissuto i memorabili, irripetibili anni ottanta, ma anche a chi sia fan di una foggia musicale che, a partire dai Possessed, si è sviluppata iperbolicamente pochi anni dopo. È chiaro che coloro che vivono di progressioni ed evoluzionismi vari, i Nefariym sono da evitare. Però, in fondo, questi ultimi il loro sporco lavoro lo svolgono bene, apportando qualche novità in un ambito chiuso e impermeabile alle contaminazioni.

Da provare.

Daniele “dani66” D’Adamo

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