Recensione: Morgue Supplier
Scorrendo la lunga (1999 ÷ 2016) biografia degli statunitensi Morgue Supplier, non può che saltare all’occhio l’abnorme sequenza di guai e problemi che ne ha costellato la storia. Una ridda di rogne che non ha impedito loro, comunque, di produrre discografia (un singolo, “Bringer Of The End (Executioner Theme)”, 2013 – un demo, “The End Of The World”, 2006 – due EP, “Not Dead Enough”, 2001; “Constant Negative”, 2009 – due full-length, “Sociopath”, 2004; “Morgue Supplier”, 2016) ma, soprattutto, di non arrendersi mai di fronte all’avverso destino, anzi reagendo con forza per perseguire il proprio ideale musicale.
Grazie all’impegno, principalmente, del membro formatore, il vocalist Paul Gillis (Drug Honkey, ex-Crematorium, ex-Jugular Appetizer, Asscavern, Giant Bitch, KLLU, ex-Bean Black, ex-Bollock Swine, ex-Chronic Illogic, ex-Embodied, ex-Innoculant, ex-LadyBug DeathCamp), coadiuvato, per “Morgue Supplier”, dal chitarrista/batterista Eric Bauer (World Of Shit, Asscavern, ex-Lord Blasphemer) e dal bassista Steve Reichelt (Lost Dog, ex-Cog). Gente tosta, dura, di mestiere, che non si fa abbattere dalla prima difficoltà che si para innanzi alla strada maestra.
I Morgue Supplier sono accumunati a volte al grindcore, ma inserirli in questa fattispecie musicale non appare così centrato. Approfondendo la questione, alla fine si giunge a una conclusione sola: trattasi di death metal. Parecchio contaminato, questo sì. Venato dalle secche, taglienti, fredde sonorità del *-core, per l’appunto, ma senza abbracciarne tutti gli stilemi. Anzi, in certi frangenti la complicazione delle song di “Morgue Supplier” diventa così elevata che appare più sensato discutere di technical o brutal invece che di grindcore. Di death metal, in sostanza.
Violentissimo, esagerato, brutale e morboso death metal. Sferzato dalle spaventose accelerazioni di Bauer al calor bianco dei blast-beats. Pure capace di erigere, stavolta con la chitarra, un muro di suono granitico, massiccio, dalle complicate linee geometriche. A volte anche troppo, poiché – perlomeno a parere di scrive – l’impostazione generale del sound dei Nostri mal si presta agli arzigogoli armonici e ai tecnicismi. Questo perché essi, potendosi paragonare, come furia devastatrice, agli Anaal Nathrakh, riescono a devastare le membrane timpaniche più quando picchiano duro e basta rispetto a quando si complicano la vita. Il suono pieno e carnoso del platter, del resto, aiuta non poco a disegnare un insieme compatto e coeso, lanciato all’attacco alla massima velocità dallo sguaiatissimo screaming di Gillis. Più ordinario e meno efficace, difatti, quando passa a un rabbioso e brontoloso growling per tirare la carretta quanto l’atmosfera passa dal color rosso sangue al grigio metallizzato.
Proprio durante questi frangenti, ove cioè si fa sentire la perizia tecnica del terzetto di Chicago, fa capolino un po’ di noia. Probabilmente ci sono band in grado di comporre technical in misura meno cervellotica e più accattivante, se così di può dire. Così, quando il limite della bravura di esecuzione si eleva su alte vette, viene a mancare quell’immediatezza che, al contrario, è perfettamente azzeccata, nel suo complesso, quando la band si preoccupa maggiormente di spingere sull’acceleratore invece di arrampicarsi sulle scale.
Sì può affermare, allora, che “Morgue Supplier” sia un lavoro riuscito a metà. Ottimo quando il death metal diverge verso la follia dell’hyper-speed (“Massive Murder”), appena sufficiente quanto si dirige verso il technical (“Bringer Of The End (Executioner)”).
Niente da dire, comunque: i Morgue Supplier spaccano da paura.
Daniele D’Adamo