Recensione: Mørke Gravers Kammer

Di Giorgio Vicentini - 3 Maggio 2004 - 0:00
Mørke Gravers Kammer
Band: Khold
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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70

I Khold sono tornati e stavolta lo hanno fatto con un disco molto più convincente delle passate release.
Questa mia prima considerazione parte dal fatto che sono sempre stato un loro tiepido sostenitore, un seguace sì, ma tendenzialmente prevenuto per quella etichetta che fin dall’inizio venne loro affibbiata: i nuovi successori dei Darkthrone.
Danno alla luce questo terzo disco e denotano una certa salute ed una freschezza che hanno soddisfatto anche uno scettico come me: “Mørke Gravers Kammer” è un disco validissimo e più chiaramente orientato verso il black metal, cosa che per i norvegesi in questione non è da ritenersi scontata.

Il riferimento va ovviamente al precedente “Phantom” che risultava un pò troppo “sperimentale” tanto da arrivare a punte di puro stoner che mi avevano fatto dubitare di loro e della loro reale attitudine. Ovviamente la formula proposta è quella ben nota di un black cadenzato, a tratti perfino “heavy”, ma che stavolta sembra ripartire dal discorso lasciato in sospeso con l’esordio “Masterpiss” tanto che le accelerazioni e le atmosfere create nel disco sono più facilmente riconducibili ad esso.
Che tale scelta sia stata dettata anche dal cambio di etichetta visto che i Khold 2004 non sono più della scuderia Moonfog del guru Satyr?

Certamente è un bene per la loro creatività e per la loro immagine generale nei confronti della grande comunità del black metal; un modo per scrollarsi di dosso quella nomea di band “creata a tavolino”. Disquisizioni a parte, è chiaro che parlando di Khold, non saremo mai di fronte a dischi sporchi, ruvidi e maledettamente-maledetti come solo le produzioni più underground sanno essere, ma di certo non viene meno un feeling trascinante che percorre tutto il disco e grazie al quale si inserisco perfettamente anche episodi un pò fuori dagli schemi black, come nel caso della track “Hevnerske”.

Il risultato finale è, come sempre, di livello qualitativo superiore, molto professionale grazie ad una produzione chiara e pulita, ma che potrà far felici anche i blackster più incalliti perchè capace di rendere merito al genere proposto senza scadere nell’errore di suonare grezza ma preconfezionata. Il cantato è buono anche se mai particolarmente rabbioso e tagliente, caratteristiche che potrebbero dare maggior grinta e malignità ed un’impressione più aggressiva; oltre a questo, la ricetta consolidata prevede liriche in norvegese e la totale avversione a cessioni quali virtuosismi o stacchi melodici a base di tastiere o quant’altro possa distrarre dall’idea generale di estrema compattezza che questo album propone durante tutta la sua durata.

Ultima annotazione per l’artwork di copertina che, tanto per cambiare, ci propone il faccione pittato del singer chitarrista Gard quasi per non spiazzare i sostenitori della causa Khold che, tra pregi e difetti, hanno l’indubbio merito di essere titolari di un progetto musicale completo ed un marchio di fabbrica sempre riconoscibile.


Tracklist:
01. Åtselgraver
02. Død
03. Niflheimr
04. Hevnerske
05. Med nebb og klør
06. Mørke gravers kammer
07. Opera Seria
08. Sjeleskjender
09. Vardøger
10. Kamp

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