Recensione: Morning Dew
Una copertina dagli accesi toni verdi e blu. L’aperta campagna italiana coperta da un cielo carico di nubi. Il nome Morning Dew che giganteggia e domina l’artwork. Se mi fossi fermato alle impressioni suggeritemi dalla copertina, non avrei mai pensato di trovarmi al cospetto di un MCD black metal e invece.
Nati cinque anni or sono a Gorizia, i Morning Dew sono, senza troppi giri di parole, una delle migliori -giovani- promesse emerse in questi ultimi anni dal panorama underground nostrano. Il loro non è il classico black metal di estrazione scandinava che, freddo e crudo, travolge l’ascoltatore; i friulani preferiscono comporre musica potente, ma anche estremamente passionale e “calda” che, pur prendendo spunto dai grandi nomi del genere, risulti spogliata della ferocia primordiale del genere.
“Morning Dew”, questo il nome scelto per il demo di cui parleremo, ci mostra un gruppo che, pur se alla prima uscita discografica, si dimostra capace di offrire un songwriting di grande spessore. I ragazzi sembrano altresì già pienamente consci delle proprie capacità, affrontando i brani con sicurezza e precisione.
Emerge, sin dalle prime battute, la buona preparazione tecnica del combo: le chitarre disegnano un riffing elegante ed elaborato che non difetta in potenza. Apprezzabile la cura dedicata alle melodie: il lavoro non scade mai nella cacofonia, risultando pertanto estremamente godibile e facilmente assimilabile. Eccellente il lavoro svolto da Matteo Bianco alla batteria e da un instancabile Michele Santoli al basso. Il primo scandisce le ritmiche con precisione chirurgica, sfoderando una prestazione che punta molto sulla varietà dei tempi e sulla puntualità delle battute. Michele con il suo quattro corde riesce a dare corposità e potenza alle composizioni. Il giovane bassista non di rado si mette in evidenza, tessendo delle linee davvero interessanti, che conferiscono carattere a ciascuna canzone.
Niente male anche la prova di Federico, tecnicamente piuttosto preparato e in possesso di una voce abrasiva e potente, che ci accompagna per tutti i 20 minuti di musica qui contenuti.
Diviso in quattro canzoni , “Morning Dew” scorre con piacevolezza all’ascolto, regalando musica di qualità superiore. Si parte subito in quinta con “Hyperuranus”, indubbiamente l’episodio più canonico del lotto. La composizione alterna in continuazione momenti più tirati ad altri più lenti e calmi, che mettono in risalto una buona elasticità da parte del combo toscano.
È però con “Il male di vivere” e “Silent Nature Grief” che i Nostri danno il meglio: la prima riporta alla mente certi Borknagar di “The Archaic Course” ma in salsa più melodica. La seconda è invece più vicina all’arte del primo Alcest, pur mantenendo sempre evidente la vena black metal.
I numerosi passaggi strumentali e acustici arricchiscono notevolmente le track che ne guadagnano non solo in piacevolezza d’ascolto, ma anche in dinamicità ed eleganza.
Ad incorniciare tutto questo ben di dio ci pensa poi una produzione di ottimo livello, considerando la tipologia di uscita. Data la natura autoprodotta dell’opera, sarebbe lecito attendersi una registrazione impastata e poco chiara; i Morning Dew decidono invece di curare il più possibile il comparto sonoro, conferendo al disco suoni chiari e puliti che sottolineano ancor di più le loro buone capacità compositive e tecnico-esecutive.
Cos’altro dire? Ben poco. Il gruppo confeziona un album più che piacevole, che riesce a catturare l’attenzione dell’ascoltatore e che gode di una certa longevità. La buona personalità espressa, unitamente alle affascinanti melodie determinano l’ottima riuscita di un demo che, speriamo, possa avere al più presto un successore.
Emanuele Calderone
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Tracklist:
01- Hyperuranus
02- Il male di vivere
03- Silent Nature Grief
04- Transcendence