Recensione: Morphosis
Ormai è assodato
Ormai è assodato, gli Hate vogliono lasciare
da parte il passato death con accenti brutal, lo stile che mischiava l’europeo
all’americano, per inoltrarsi sempre di più in lidi industrial/death, quelli
che rilanciano anche col nuovo Morphosis. Tematiche che richiamano
il mito classico, visioni futuristiche che si saldano al background tipicamente
polacco del loro modo di scrivere death: il problema, ancor più che sul
precedente Anaclasis,
è purtroppo la monotonia di fondo che si viene a creare nelle loro
composizioni.
Le
strutture degli Hate sono diventate estremamente scarne: i riff
“alla polacca” superano per semplicità quelli dei Vader, ma mentre
questi compensano con la grande esperienza compositiva di Peter e un suono che
si va evolvendo e irrobustendo di volta in volta, l’impressione che Adam
“The First Sinner” lascia è quella di voler tentare a tutti i costi
una propria via, anche se al puzzle mancano ancora diversi elementi. Su tutti,
l’arrangiamento giusto: quello che insaporisce nella giusta quantità canzoni
che altrimenti rischiano di risultare semplicemente piatte.
Canzoni rifinite, prodotte ai massimi livelli, ma è
difficile non farsi prendere da un senso di noia indotto da riff squadrati,
ritmiche molto simili l’una all’altra e parti mai velocissime, tanto meno
varie. Diciamo che Adam e soci hanno sicuramente imboccato la via personale che
cercano, ma senza una struttura più solida i loro dischi rischiano di
assomigliare a versioni death metal e minimali degli ultimi Dimmu Borgir, il che
difficilmente è quello che loro vogliono. Pezzi come l’anthem Catharsis
(e i titoli rischiano di confondersi un po’ tutti, no?) salvano il disco, ma
con le potenzialità che hanno, gli Hate possono davvero fare di meglio.
Alberto
‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
1. Metamorphosis 00:30
2. Thredony 05:53
3. Immum Coeli (Everlasting World) 04:47
4. Catharsis 05:31
5. Resurrection Machine 06:19
6. The Evangelistic Pain 04:24
7. Omega 05:39
8. Erased 05:47